Così i Cantieri Navali di Sestri ridanno voce ai sogni. Montaldo: “Con il refit si riportano in vita i più bei ricordi a bordo”
Intervista a Fulvio Montaldo, titolare dei Cantieri Navali di Sestri, che spiega l’essenza del refit, che riaccende il legame tra un armatore e la sua barca, e il perché il Covid ha fatto aumentare le richieste
Intervista a Fulvio Montaldo, titolare dei Cantieri Navali di Sestri, che spiega l’essenza del refit, che riaccende il legame tra un armatore e la sua barca, e il perché il Covid ha fatto aumentare le richieste
Il refit di una barca permette di sognare due volte. O meglio, di ridare voce a un sogno, quello della propria barca, che torna a una nuova bellezza, rievocando i bei momenti passati a bordo.
Fulvio Montaldo è il patron dei Cantieri Navali di Sestri di Genova, uno dei massimi esperti di refit in Italia e non solo. In questo periodo nel piazzale dello stabilimento di Sestri Ponente c’è fermento, perché le richieste di manutenzioni ordinarie e straordinarie non sono mai venute meno. Anzi, con il Covid sono addirittura aumentate.
Signor Montaldo, lei è uno dei massimi esperti di refit. Ma cosa significa veramente refittare una barca?
Il refit di una barca significa ridare voce a un sogno, riportare in vita un sogno, nel senso che la barca di per sé è un sogno, a qualsiasi livello: dal barchino di 4-5 metri per andare a fare la pescata, fino al grande yacht.
Refittarla, soprattutto se era la tua barca e decidi di riportarla agli antichi splendori, significa riportare in vita il tuo sogno. Un’immagine che torna viva. Più la barca è tua e più la senti tua e più questo sogno è importante. Tornano i ricordi, i momenti passati a bordo, dove si trascorrono gli istanti più belli. Riportare in vita il ricordo di momenti sereni, vale tutto l’impegno per refittare una barca.
Spesso si fa il ragionamento: “la barca costa tanto, mi conviene affittarla”. Ma poi ognuno vuole la sua barca, perché la barca non è soltanto l’uscita in mare, il bagno e la bevuta a bordo. La barca è qualcosa che diventa parte dell’armatore, che gli appartiene. E’ vero, per quanto uno usa la barca, soprattutto sopra certe dimensioni, converrebbe noleggiarla. Ma non è la stessa cosa. E il piacere di avere una barca tua ha un prezzo.
Qual è il giusto mix tra ripristino del fascino e della bellezza originari di un’imbarcazione e innovazione, dato che dagli anni del varo a oggi la tecnologia di strumentazioni e tecniche costruttive si è evoluta notevolmente?
Il refit non vuole dire riproporre cose vecchie, ma significa restaurare cose vecchie abbinandole alla tecnologia. Le due cose sono facilmente sovrapponibili. Ovvio che su un Sangermani di settant’anni non andremo a mettere un albero in carbonio, anche perché quella barca è nata con determinati pesi e caratteristiche. Ma la tecnologia va assolutamente di pari passo.
Tutta l’idraulica, l’impiantistica, su una barca anche vecchia, ci permette di usare tanta tecnologia, fino alla domotica. Rispetto a cinquant’anni fa cambiano le esigenze a bordo: una volta si installava un gruppo elettrogeno da 10 KW ed era anche d’avanzo. Oggi ce ne vuole uno almeno da 30 KW, perché bisogna alimentare i dissalatori, le piastre elettriche in cucina che sono più sicure di una cucina a gas, l’aria condizionata e tutti quei dispositivi che si portano dietro consumi prima sconosciuti. Ma anche nei refit la tecnologia c’è.
Quando un armatore si rivolge ad un cantiere per farsi costruire una nuova barca, “detta” tutte le sue esigenze ai progettisti. Avviene la stessa cosa anche con il refit o siete voi ad avere la “ricetta” per restituire la bellezza di un tempo a ogni imbarcazione?
Spesso gli armatori ci stanno ad ascoltare, ma se parliamo di refit di barche, dai 20-25 metri in su, normalmente l’armatore ha un suo progettista o un architetto che gli consigliamo noi. Di solito, però, quando arrivano hanno già le idee abbastanza chiare.
Il primo approccio che l’armatore vuole avere è quello del preventivo. E noi chiediamo: “cosa ti serve?”. Normalmente io mi faccio dare le linee guida per fare un preventivo di massima. Poi ci sono sempre le incognite che emergono in lavorazione, ma quasi sempre il preventivo è in linea con il lavoro finale. Sulla parte tecnica si lasciano guidare da noi, mentre sugli interni e sugli arredi lasciamo fare tutto all’armatore.
Sicuramente il Covid e tutte le restrizioni ad esso collegate hanno riacceso la voglia di andare in barca e, soprattutto, di una vacanza sicura. Questa “tendenza” o “esigenza” ha dato una spinta anche al mercato del refit oppure è l’occasione per farsi costruire una nuova barca?
Sul nuovo non saprei rispondere perché non ci occupiamo di questo ma sicuramente ha inciso molto sul refit, una parola che lascia spazio a tante considerazioni. Anche la manutenzione ordinaria o straordinaria, anche se non così approfondita, è refit.
Sull’usato tanta gente ha deciso di rimettere in pista anche imbarcazioni che erano al limite del riparabile. Quest’estate la gente ha avuto paura e poca possibilità di fare la vacanza tradizionale e la barca è stato quasi l’unico sfogo. La situazione di quest’estate ha dato l’impulso a molti per fare quello che negli anni scorsi era stato rimandato. Lo abbiamo notato molto nel nostro cantiere.
Giuseppe Orrù
Argomenti: Cantieri Navali, Daily Nautica
Accidenti che bella, anche la stufa, un vero tocco ! Complimenti !