Flagging out: sfatiamo un mito, è davvero conveniente per tutti? Risponde l’esperto
A Carlo Tripodo abbiamo fatto alcune domande specifiche, per cercare di capire quale sia, nel flagging out, il confine tra reale convenienza e scelta dettata dalla moda del momento
A Carlo Tripodo abbiamo fatto alcune domande specifiche, per cercare di capire quale sia, nel flagging out, il confine tra reale convenienza e scelta dettata dalla moda del momento
Liguria Nautica torna a parlare di un argomento che a volte sembrà essere un tabù: il flagging out, la famosa bandiera straniera anche su imbarcazioni il cui armatore è un italiano. Un argomento che sembra tabù perché spesso le testate generaliste tendono a liquidare il fenomeno bollandolo come tipico dei “soliti furbetti evasori”, senza approfondirne a sufficienza le dinamiche e i contesti.
Torniamo quindi a parlarne con un’intervista a un operatore del settore, Carlo Tripodo, titolare dell’agenzia marittima SENAGE che si occupa di servizi professionali per la nautica da diporto. Al signor Tripodo abbiamo fatto alcune domande specifiche, per cercare di capire quale sia, nel flagging out, il confine tra reale convenienza e scelta dettata dalla moda del momento. Siamo sicuri che la scelta di una bandiera straniera porti in qualsiasi caso dei vantaggi all’armatore? Proviamo a saperne di più.
LN – Come potremmo quantificare il fenomeno del “flagging out” in Italia? E’ possibile indicare delle percentuali?
C.T. – E’ difficile stabilire delle percentuali senza avere accesso a dati ufficiali in quanti siamo praticamente gli unici a gestire ancora a mano la registrazione delle imbarcazioni e navi completamente a mano dato che l’informatizzazione dei Registri non è stata mai portata a termine dall’Amministrazione .Sicuramente è un fenomeno in espansione visto le richieste ed il fai da te di molti utenti anche su bandiere prettamente “terrestri”
LN – Quali sono i vantaggi economici diretti che derivano da questa
scelta?
C.T. – I vantaggi economici sono alquanto irrisori salvo per gli Armatori che imbarcano equipaggio che hanno risparmi notevoli sul costo del personale e forse psicologici in quanto gli Italiani sono spesso poco orgogliosi della propria bandiera ma sono molto affascinati da quelle straniere.Sicuramente anche i controlli spesso vessatori e ripetitivi alle bandiere italiane rispetto alle straniere non aiutano ad amarla.In questo caso dovremmo prendere esempio dai nostri vicini che sono orgogliosi della propria bandiera perchè rappresenta una Amministrazione più amata ed al servizio del cittadino.
LN – Da un punto di vista burocratico, cosa cambia per un armatore
italiano che sceglie una bandiera straniera?
C.T. – In buona sostanza nulla dal punto di vista formale tranne che una assicurazione leggermente meno costosa e vale quanto descitto al punto 1 e 2
LN – Quali sono i limiti legali del flagging out e quali gli usi impropri?
C.T. – Se parliamo di bandiere comunitarie direi nessuno tranne che molti registri ed Amministrazioni Comunitarie hanno registrazioni esclusive per le acque interne e riservate ai residenti che vengono spesso utilizzate per navigare in mare e poi l’illusione molto radicata che delle dotazioni di sicurezza sono un optional con la bandiera straniera di cui nessuno si interessa mentre, dato che tutti i registri aderiscono alle convenzioni internazionali, la differenza con quelle italiane è marginale.
LN – Quali sarebbero gli interventi legali necessari per rendere vantaggiosa la bandiera italiana e limitare – o annullare – il fenomeno del flagging out?
C.T. – Il punto di partenza, e assolutamente propedeutico, È l’informatizzazione dei Registri ed eventualmente unificarli.Probabilmente il primo grande effetto potrebbe essere la diminuzione
dei controlli in banchini a favore di quelli da Uffio con grande soddisfazione degli Utenti e dei lavoratori dell’indotto. Per le barche con equipaggio occorre adeguarsi agli standard europei per i rapporti con il personale.
Argomenti: Daily Nautica, shipping
Per il piccolo diportosta i vantaggi sono sostanziali
– costi di iscrizione irrisori (polacca ca 700€ presso agenzia vs italiana quasi 2000€ presso agenzia)
– tempi: iscrizione polacca ca 3 settimane, italiana (fatta quest’anno) fino a. 5 mesi
– dotazioni responsabilità dello skipper e non di lobbysti ignoranti (5 saturimetri, zattera con dotazione italiana che obbliga la revisione ogni 2 anni?…)
– Controlli periodici responsabilità dello skipper, non della verifica RINA che nell gran parte dei casi è una marchetta da 300€
chiaro quello che scrive l’esperto C. Tripodo,l’argomento nella sostanza sarebbe di per se non importante se non per quegli armatori che devono gestire grandi equipaggi ed usufruiscono di condizioni vantaggiose con le off shore flags. E’ invece rilevante quanto poca penetrazione fa lobby del settore non riuscendo a dialogare con la politica ed avvicinare l’Amministrazione del paese ad una tradizionale attività nazionale come il diporto nautico. Tornando all’articolo sarebbe utile per capire quali sono le differenze se l’esperto C T stilasse uno schema comparativo tra la bandiera nazionale e le off shore per rendere più semplice le differenze.
Bè, se parliamo di grandi yacht sicuramente la parte di stress sulle dotazioni di sicurezza da parte delle autorità può essere così, ma se andiamo a guardare il mondo dei piccoli diportisti, il continuo stillicidio con norme e adempimenti burocratici (costosi), giustifica il cambio bandiera, che purtroppo pur essendo nazionalista condivido. ……………