Il reportage dalla foce del Magra, due mesi dopo – Prima puntata
Siamo tornati nello spezzino a più di due mesi di distanza dall'alluvione. Abbiamo raccolto storie, testimonianze e tante invettive contro uno Stato assente. Pubblicheremo il materiale a puntate, la prima storia tratta il tema dello sciacallaggio
Siamo tornati nello spezzino a più di due mesi di distanza dall'alluvione. Abbiamo raccolto storie, testimonianze e tante invettive contro uno Stato assente. Pubblicheremo il materiale a puntate, la prima storia tratta il tema dello sciacallaggio
A più di due mesi di distanza dall’alluvione che ha colpito il levante ligure, devastando il territorio, uccidendo persone e affossando l’economia locale (basata in larga parte sul turismo nautico), abbiamo cercato di fare il punto della situazione di un’area che è stata pressoché dimenticata dalle istituzioni, nonostante le persone si siano rimboccate le maniche per rialzarsi.
Abbiamo sentito gli operatori del settore nautico, che sono letteralmente in ginocchio, con le darsene ancora bloccate perché il Magra non è stato ancora dragato, i proprietari di barche che sono state portate via dalla furia del fiume o si sono infrante contro il Ponte della Colombiera, le vittime di sciacallaggio. Ne abbiamo di storie da raccontare, ovviamente legate alla nautica, le pubblicheremo a puntate.
Per cominciare, vi presentiamo la testimonianza di Omar Pagliarini, titolare della Pagliarini International Boats, che si è ritrovato a far fronte a uno sciacallo legalmente inattaccabile. Pagliarini aveva un Pursuit 305 Offshore usato in vendita: quando è arrivata la piena del Magra, era situato presso Porto Carolina, a Lerici. Nonostante l’imbarcazione fosse legata ad altre barche e alle piante lì intorno, la piena l’ha portata via.
«Siccome ormai le esondazioni si susseguono anno dopo anno – racconta Pagliarini – ormai abbiamo maturato una certa esperienza: sappiamo che le imbarcazioni, se passano indenni il Ponte della Colombiera (quello che è stato distrutto dalla piena), arrivano al mare senza subire troppi danni. Infatti nei due giorni successivi alla piena siamo subito scesi in mare per il recupero delle barche. Le abbiamo recuperate tutte. Il secondo giorno ho avvistato il Pursuit 305, rovesciato: ho provato ad andare a recuperarlo, ma avevo già un’altra barca al traino e non ci sono riuscito. Ho preso il punto con il GPS e ho deciso che sarei tornato il giorno dopo, l’imbarcazione si sarebbe spostata al massimo di qualche centinaio di metri. Quando sono tornato la mattina successiva, non l’ho più vista, sulle prime ho pensato che fosse affondata. Strano, mi sono detto, visto che i Pursuit hanno la fama di essere imbarcazioni inaffondabili. Dopo una settimana un mio collega è andato a Sestri Levante per recuperare una sua barca, e mi ha telefonato dicendomi che aveva visto il Pursuit ormeggiato a Sestri, raddrizzato, in buone condizioni, con l’adesivo di Pagliarini stampato sopra. Era la mia barca».
L’imbarcazione, tutto sommato, non aveva subito troppi danni: «Vado a Sestri e parlo con il meccanico – persona che conoscevo – che ha ravvivato i motori, e che mi ha detto il nome del signore che aveva proceduto al recupero. Ho telefonato a questo signore, ringraziandolo e dicendo che avrei ovviamente coperto tutte le spese che aveva sostenuto per il recupero e la messa a posto (subacqueo, traino, meccanico etc…). Quando ci siamo incontrati di persona, oltre alle spese, mi ha detto che voleva il 30% del valore dell’imbarcazione, che, aveva visto sul mio sito, valeva 140.000 euro e quindi pretendeva circa 40.000 euro, avvalendosi della “legge del mare”. Io ho avvertito il mio avvocato, perché nel frattempo la Regione Liguria aveva detto che avrebbe varato un decreto anti-sciacallaggio, ma ovviamente non se n’è fatto nulla. Dal punto di vista legale il signore nel recupero della barca ha seguito il corretto iter procedurale, denunciando il ritrovamento in Capitaneria di Porto. Quello che possiamo fare con il mio legale è stabilire il valore reale della barca attuale (che sarà sicuramente inferiore a 140.000 euro, dopo la piena) e, purtroppo, rifondere di questa cifra la persona. Andremo a Sestri Levante con un camion, pagherò tutte le spese, e una volta “a casa” la barca sarà analizzata da un perito che ne stabilirà il vero valore».
E voi cosa ne pensate di questa storia? Fino a che punto la legge del mare (se ritrovi un’oggetto in mare, quello diventa subito tuo) può essere applicata, soprattutto in stato di calamità?
Eugenio Ruocco
Argomenti: Daily Nautica, La Spezia, Liguria, mare