Autorità portuali, interporti, operatori logistici e terminalisti, armatori pubblici e privati, agenti, spedizionieri e servizi marittimi, hanno lanciato ieri una denuncia collettiva sui rischi che incombono su un comparto strategico per il Paese, come quello dell’industria del mare. ‘Il ministero -sottolineano in una nota congiunta- ha tagliato qualunque risorsa per lo sviluppo dei porti mentre i fondi per la manutenzione di queste infrastrutture sono stati ridotti da 50 a 10 milioni. Il ministro Matteoli inoltre -prosegue la nota emessa dalle associazioni che rappresentano l’industria del mare- non ha dato concreta attuazione all’autonomia finanziaria delle Autorità portuali, come invece è previsto dalla legge. In ballo non c’è solo la sopravvivenza degli enti portuali -dicono- ma anche la continuità dei programmi d’investimenti infrastrutturali avviati, soprattutto i dragaggi, dove tuttavia servono anche procedure semplificate e velocizzate’.
Le imprese portuali non licenzieranno, hanno assicurato- ma lo Stato dovrebbe farsi carico almeno per tre anni del costo del lavoro nei contributi a carico delle aziende. Tra le altre misure, secondo le associazioni di categoria, dovrebbero essere mantenuti gli interventi a favore del cabotaggio (benefici previdenziali ed ecobonus) e dovrebbe essere garantito lo stanziamento di risorse da destinare al pagamento dell’indennità di mancato avviamento per i lavoratori portuali temporanei delle imprese o agenzie di lavoro portuale.
Qualche proposta è stata avanzata anche sui terminal: ad esempio la riduzione delle accise sul carburante usato dai mezzi esclusivamente operanti in aree portuali e una retromarcia sull’intenzione di far pagare l’Ici sui terminal. L’ultima proposta riguarda la piena operatività allo sportello unico doganale.