Nautica, il 2012 è l’ennesimo “annus horribilis” (e daje)
Il IV Rapporto sul Turismo Nautico a cura dell’Osservatorio nautico nazionale dipinge un 2012 a tinte scurissime per il settore: più che dimezzata la spesa dei diportisti, crollo ormeggi e 10 mila posti di lavoro persi
Il IV Rapporto sul Turismo Nautico a cura dell’Osservatorio nautico nazionale dipinge un 2012 a tinte scurissime per il settore: più che dimezzata la spesa dei diportisti, crollo ormeggi e 10 mila posti di lavoro persi
Nel 2012 non è finito il mondo, l’umanità non si è estinta. Bene. La nautica in Italia invece ha rischiato, e se continua si estinguerà presto. Sinceramente siamo un po’ stufi del termine “annus horribilis” quando si parla della nautica. Ormai sono 5 anni che a gennaio si guarda alla stagione precendente come “annus horribilis” augurandosi una ripresa. Una ripresa che viene puntualmente annunciata ma non arriva. I tempi sono cambiati: non siamo più il paese del Bengodi diportistico, dove i prezzi si gonfiavano, le banche concedevano leasing a gogò e si pensava soltanto a espandersi: definire “annus horribilis” (lo abbiamo fatto anche noi in passato) ogni anno che ci lasciamo alle spalle è un segnale evidente che non abbiamo ancora preso coscienza del distacco e del fatto che nulla – almeno per un po’ – sarà come prima, come negli “anni d’oro della nautica” in cui si riuscivano a vendere anche gli scavafango. Ci dobbiamo preparare a una “decrescita responsabile” anche nel settore nautico, rubando le parole di Serge Latouche? Forse. Forse, invece, dobbiamo investire maggiormente sul piccolo e medio diporto, dando luogo a una vera e propria rivoluzione “culturale”, che si occupi di mostrare la nautica per quello che è: una fonte di lavoro, una tradizione e un’eccellenza italiana e non un covo di ricchi evasori fiscali.
L’ENNESIMO ANNUS HORRIBILIS (E DAJE) – Ritorniamo all’“annus horribilis” (e daje). Non rompe la tradizione semantica il IV Rapporto sul Turismo Nautico, che dipinge un 2012 a tinte scurissime per il settore nautico: più che dimezzata la spesa dei diportisti, crollo di ormeggi, fatturato del settore a picco e una stima di oltre 10 mila posti di lavoro persi tra addetti diretti e indotto nei porti. I protagonisti di settore, nell’indagine curata dall’Osservatorio nautico nazionale, prendono atto della “sfida non vinta della crisi” ma si impegnano a “guardare avanti per il rilancio
I (CATASTROFICI) DATI DEL RAPPORTO – I dati pubblicati nel Rapporto sul Turismo Nautico lasciano poco spazio all’interpretazione: nel 2012 la spesa complessiva dei diportisti stanziali è scesa del 56% rispetto al 2009, passando da circa 1,1 miliardi di euro a poco più di 484 milioni di euro. Crollati anche i contratti di ormeggio annuali (-26%), gli ormeggi in transito (-34%), i ricavi di ormeggi a gestione pubblica (-39%) e il fatturato del settore charter (-21%). Fra il 2007 e il 2011 le immatricolazioni annuali sono calate del 60%, da 4.400 a 1.700. Male il fatturato produttivo: da 3,8 miliardi del 2007 a circa 2 miliardi nel 2011. I diportisti navigano molto meno ma l’offerta di infrastrutture portuali aumenta: del 9,6% fra il 2007 e il 2012 per un totale di 546 unità. Al primo posto c’é la Sicilia con 89 infrastrutture, seguita dalla Sardegna (80) e dalla Liguria (53). Un aumento però legato a investimenti precedenti e a progetti pluriennali.
LE CAUSE DEL DISASTRO – Diportisti “in fuga” a causa principalmente della crisi, ma anche dalle barche “status symbol”. In particolare per la tassa di stazionamento, anche se poi modificata in tassa di possesso, e per la recrudescenza dei controlli svolti da autorità diverse. L’eccessiva burocrazia, secondo il rapporto, grava per il 70% degli intervistati sulla costruzione di nuovi posti barca, mentre i controlli fiscali sulla clientela sono giudicati eccessivi per il mantenimento della clientela (51%) e per l’attrazione di nuovi clienti (35%).
E voi amici lettori. Cosa ne pensate? Qual è la vostra ricetta per il rilancio del settore? Credete che la proposte di Anton Francesco Albertoni, presidente di UCINA, di equiparare l’Iva applicata nei porti turistici a quella degli alberghi e di defiscalizzare gli investimenti negli stampi possano rivelarsi misure efficaci?
Eugenio Ruocco
(foto di Liguria Nautica riproducibile previa citazione della fonte con link attivo)
Argomenti: Daily Nautica, Liguria, Posti barca
La nautica,deve tornare ad essere “l’andar per mare degli appassionati”,e non la fiera delle vanità o l’ultimo grido della moda!Purtropoo negli scorsi anni,abbiamo assistito ad un boom nautico fomentato da fattori che niente avevano in comune con la passione dell’andar per mare.Il risultato è stata l’enorme richiesta di posti barca (e conseguente aumento spropositato delle tariffe..)i porti ei Marina si sono riempiti di barche per lo più inutilizzate,e quando la crisi ha dirottato su altre necessità la spesa,queste migliaia di barche ha inondato il mercato dell’usato,che però non trova compratori!Il possedere e mantenere una barca,richiede sacrifici che solo l’appassionato è disposto a fare,mentre per molti era uno “status simbol” e niente di più.Complice poi la ns.elefantiaca e scellerata gestione della cosa pubblica,anche il vero appassionato si trova in difficoltà a digerire la borbonica burocrazia di tutto quanto circonda il mondo Nautico,sopratutto gli asfissianti controlli,le tasse,le assurde tariffe dei lavori in cantiere,etc.Personalmente non vedo tanto vicina l’uscita dal tunnel,mi auguro solo che da questa brutta esperienza ne esca una Nautica più sana e più vicina agli appassionati del mare.
Condivido gran parte di ciò che è scritto nell’articolo a proposito di prezzi esorbitanti, leasing e crescita nautica ad ogni costo e sul problema culturale citato nel commento di Alessandro.
Dopo 5 anni di crisi profonda (ben prima della tassa di stazionamento , dei controlli ecc.) forse è il caso di provare a cambiare la cultura da parte di tutti, produttori, operatori e Clienti.
Forse non si cambierà più la barca ogni due o tre anni con una sempre più grande e piena di inutili orpelli, e qualche cantiere che su questa clientela ha puntato molto ne soffrirà, ma torneremo a un mercato più sano, con prodotti meno “urlati” da esibire ma più rivolti alle esigenze ( e al portafoglio) di chi naviga .
Naturalmente anche lo Stato deve fare la sua parte , evitando atteggiamenti che penalizzino il cittadino proprietario di barca onesto, che paga le tasse e magari anziche il bilocale al mare si è comperato la barca.
Forse la legge di stabilita del dicembre 2012, con l’istituzione del Registro Nautico nazionale può essere una buona partenza . (Se a qualcuno interessa approfondire : blog “automotivespace.it” – settore nautica)
Siamo alle solite. Chi possiede una barca è considerato un ricco ed in quanto tale perseguibile da questo stato sanguisuga che, non essendo in grado di esercitare una politica fiscale decente, spara nel mucchio così qualcosa resta sempre in terra. Passi la tassa di possesso iniqua , passi quello strumento assurdo che è il redditometro ma vogliamo una volta per tutte smettere con quegli abbordaggi in mare effettuati anche più volte in una giornata, da parte di più di una forza dell’ordine ? ma non è più semplice rilevare nei registri marittimi i nominativi dei possessori e poi fare i raffronti con gli uffici fiscali ? Ma ci volete lasciare in pace almeno alla domenica , dopo una settimana di lavoro !! Ma forse il problema si risolverà da solo: prima o poi, vista la crisi e gli ormai proibitivi prezzi degli ormeggi saremo costretti e vendere anche la barca, ammesso che ci sia chi la compra. Evviva, domani si vota: che il buon Dio dei venti ci assista!
chi ha delle barchette fino a 10 mt ha dei costi esosi,anche per gli altri se non si fanno tariffe nuove es. chi ormeggia nel porto e non fruisce di elett. e acqua prezzi più ragionevoli
Il problema nasce dalla nostra cultura errata e che non é omogenea in tutta italia.
Nella mia esperienza personale ho visto una differenza culturale nella nautica da nord a sud e da est a ovest dell’italia. La barcha a vela ( 35 piedi ) che io e il mio amico ci manteniamo privandoci di tutto anche dell’auto dei vestiti nuovi o di marca della settimana bianca vacanze ed altro ancora a roma ( ostia fiumicino ) costa come ormeggio medio 3.600 euro ( min 2.200 disagio max a un max di 6.700 posto figo su fiumara porto romano ) . Parliamo di ormeggi a volte anche in 6 fila. A monfalcone trieste per la stessa barca il costo medio era di 1.800 euro l’anno e che ormeggi. Senza parlare della cantieristica proibitiva dove sei obbligato ad affidarti a roma al cantiere per qualsiasi lavoro per la legge sulla “sicurezza” si la sicurezza del loro portafoglio. La soluzione alla crisi è attingere al grande bacino di utenza medio con costi giusti per capillarizzare l’utenza farla aumentare a dismisura. Se rinuncio di guadagnare 100 su 10 e guadagno 50 su 100 forse tutti possono risollevarsi edvaumenta anche l’indotto sui settori allacciati alla nautica. Senza parlare delle conseguenze benefiche sulla salute educazione della nuova generazione nella conoscenza e rispetto del mare.
Buongiorno,
basterebbe applicare tariffe nella norma alle barche fino a 12 metri (non entro nello specifico
dei prezzi dei contratti annuali perchè tutti sappiamo i prezzi fuori ogni logica che sono applicati in quasi tutti gli ormeggi italiani!!!) e ci sarebbe immediatamente una ripresa della nautica e soprattutto della piccola nautica come scrive giustamente il sig. Enio Rossi ma forse una delle tante cause che hanno creato la crisi del settore è il fatto che in Italia chi gestisce posti barca e tutto quello che gli ruota attorno, intende speculare applicando prezzi che sono fuori da ogni logica..
Basterebbe una piccola inversione di tendenza… pensateci operatori del mare
Personalmente ho lottato fino all’ ultimo euro impegnandomi quasi tutto lo stipendio per poter mantenere la mia piccola barca.. il mio piccolo sogno, ma purtroppo devo venderla.
Buonagiornata, il problema di tutto quello che accade è sempre lo stesso : se chi lavora e risparmia qualcosa comprandosi una casa od una BARCA è considerato, anzichè uno da ammirare per il suo impegno, un delinquente da perseguitare ed espropriare, accade quello che sta accadendo (non c’è da stupirsi, esclusi i professori lo capirebbero tutti). L’articolo poi omette di parlare delle aziendine che lavoravano nella nautica ed hanno chiuso ( o delocalizzato in Costa Azzurra o in Slovenia). Buongiorno ugualmente a tutti e W l’Italia.