Polveriera America's Cup: Dalton e Coutts fanno scintille
Grant Dalton, Team New Zealand, e Russel Coutts, defender Oracle Team USA, litigano durante una serata di beneficenza
Grant Dalton, Team New Zealand, e Russel Coutts, defender Oracle Team USA, litigano durante una serata di beneficenza
Nervi tesi e scintille tra i team della prossima America’s Cup, con Grant Dalton di Team New Zealand e Russel Coutts, defender Oracle, che se ne sono dette di tutti i colori in occasione di una serata di beneficenza in Nuova Zelanda, dove i due velisti erano invitati.
Scopo della loro partecipazione era quello di raccontare la propria esperienza di velisti internazionali, con ovvi riferimenti alle rispettive campagne di America’s Cup. Russel Coutts ha quindi mostrato alla platea un video che ripercorreva il cammino di preparazione di Oracle in vista della prossima America’s Cup. Quando la palla è passata a Grant Dalton il dibattito è esploso: il manager di Team New Zealand ha infatti riproposto un’intervista del 2010 a Larry Ellison, dove il patron di Oracle prometteva un’America’s Cup a basso costo e con molti sfidanti, l’esatto contrario di quanto è accaduto. Grant Dalton ha chiuso il suo intervento con un emblematico: “Mate, what the hell went wrong?” ovvero “Amico, ma cosa diavolo è andato storto?”. L’ovvio riferimento è ai costi esorbitanti degli AC72, i catamarani voluti da Oracle con i quali si correrà la prossima America’s Cup.
Russel Coutts piuttosto che rispondere all’interrogativo concreto posto da Dalton è passato all’invettiva personale: “There’s nobody in New Zealand he can find that’s better than a 54-year-old?”, ovvero “Ma non c’è nessuno in Nuova Zelanda migliore di uno di 54 anni? Decisamente una caduta di stile nei confronti di un rivale di grande rispetto, che ha avuto il solo torto di attaccarlo sui contenuti della prossima America’s Cup. Se questo è quello che succede a terra non osiamo immaginare il livello della sfida con le barche in acqua nella Baia di San Francisco.
Mauro Giuffrè
Argomenti: Daily Nautica, vela
Argomento che coinvolge molti di noi, ahimè. Ci vorrebbe
discuterne nel web, cortesemente.
Dalton ha pienamente ragione, i funesti fatti recenti confermano la follia della formula scelta da Ellison.
Il problema sono le dimensioni, oltre ai costi faraonici sono evidenti i potenziali pericoli causati dalle velocità e relative forze che si sviluppano.
In mare, una superfice mutevole alle condizioni meteo, il calcolo delle resistenze strutturali è molto complicato, solo la sperimentazione può dare certezze, ma non al costo di incidenti mortali.
Si sono superati i limiti di rischio accettabili per un evento che dovrebbe avere come obiettivi: una competizione sportiva (con l’etica che la parola esprime), una gara tecnologica che sviluppi innovazioni riutilizzabili e la promozione pubblicitaria di sponsor per un ritorno di immagine positivo.
Sarebbe saggio ritornare agli AC45 che permettono gare altrettanto spettacolari, potenziale evoluzione tecnica simile e per i costi contenuti un maggior numero di concorrenti, quindi più nazioni interessate all’evento mediatico e di conseguenza un pubblico più vasto.
Ai paperoni che vogliono vincere per prestigio internazionale, spendendo più degli altri, suggerisco di lanciare una sfida parallela, finanziando collateralmente all’evento iniziative di solidarietà sociale, prendendo esempio da manifestazioni come la Solidaire du chocolat.