25 dicembre 2018

UCINA a difesa dei porti turistici “dimenticati” dal governo

25 dicembre 2018

Senza una soluzione al problema dell'applicazione retroattiva dell'aumento fino al 400% dei canoni demaniali dei porti turistici a rischio 2.200 posti di lavoro

UCINA a difesa dei porti turistici “dimenticati” dal governo

Senza una soluzione al problema dell'applicazione retroattiva dell'aumento fino al 400% dei canoni demaniali dei porti turistici a rischio 2.200 posti di lavoro

2 minuti di lettura

Nonostante l’intensa attività di confronto con diversi ministri per trovare una soluzione al problema dell’applicazione retroattiva (a contratti già in corso) dell’aumento fino al 400% dei canoni demaniali dei porti turistici fissato dal governo Prodi nel 2006, l’emendamento parlamentare volto a chiudere i contenziosi di 25 porti turistici con lo Stato non è stato inserito nel maxi emendamento del governo, votato al Senato, che ha sostituito per intero la manovra.

La mancata risposta dell’esecutivo a una questione così importante ha provocato una grande delusione soprattutto tra i membri di UCINA Confindustria Nautica, che da anni rappresenta e difende la filiera della nautica da diporto italiana. Come avvenuto in passato, infatti, si è deciso di rinviare ulteriormente il problema, la cui soluzione invece risulterebbe fondamentale per evitare il “fallimento di Stato” delle imprese che metterebbe a rischio i posti di lavoro dei 2.200 addetti delle strutture portuali coinvolte.

Inoltre, l’assenza di una specifica norma ha vanificato le sentenze del Consiglio di Stato e quella della Corte Costituzionale, che ha sancito come i canoni possono essere aumentati ma non retroattivamente, e proprio per questo motivo l’Agenzia delle Entrate ha iniziato a esigere le somme non dovute, bloccando i conti correnti del primo dei 25 porti interessati.

Un provvedimento che viene percepito come un’indebita pretesa da parte dello Stato, a conferma di una cultura anti-impresa ormai diffusa nel Paese, anche a livello di classe dirigente. In Italia, infatti, le infrastrutture della nautica da diporto sono state realizzate interamente grazie a capitali privati e il messaggio che arriva a tutti gli investitori è che siamo un Paese dove non ci sono certezze e di cui non ci si può fidare.

Ma il non aver voluto affrontare subito questo problema trasmette un ulteriore messaggio fortemente negativo, ovvero che ancora una volta ottiene ascolto soltanto chi blocca servizi pubblici essenziali.

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2 commenti

  1. giancarlo says:

    se il mio commento deve essere soggetto a moderazione tanto vale non scriverlo dal momento che dico ciò che penso e non quello che fa piacere ad altri

  2. giancarlo says:

    non conosco i particolari di questa situazione so solo (come utente)che nessuno fa niente di positivo per dare alla nautica italiana la possibilità di vivere in pace dando lavoro a molte persone.in 45 anni ho speso una cifra importantissima per tenere in piedi il porto di Lavagna( tra l altro gestito in modo catastrofico con spese ordinare e straordinarie senza controllo) e tra 5 anni dovrei essere estromesso dalla scadenza della concessione .il demanio(o peggio ancora il comune di Lavagna che ha sempre osteggiato il porto pur godendo degli enormi benefici) si ritrova un bene costruito da privati e gestito da privati in assoluta agibilità . se un aumento del canone dovrà esserci che almeno siano salvaguardati coloro che senza nessun privilegio hanno mantenuto il bene ripeto mal gestito da concessionari per nulla attenti alla rivalutazione del bene sol piano gestionale .queste purtroppo credo siano parole al vento ma le ho scritte ugualmente