Diario del Comandante. Il 12 agosto 2006 la tempesta che ci ha cambiato per sempre
"C’era molta umidità nell’aria che non lasciava presagire nulla di buono. Un tramonto giallo pallido con una strana luce diffusa preannunciava tempesta.."
Diario del Comandante. Il 12 agosto 2006 la tempesta che ci ha cambiato per sempre
"C’era molta umidità nell’aria che non lasciava presagire nulla di buono. Un tramonto giallo pallido con una strana luce diffusa preannunciava tempesta.."
Il 12 agosto del 2006 ero imbarcato su una navetta Benetti di 27 metri del 1971, Five Stars. Con noi, era ospite una famiglia, composta da 6 adulti e 4 bambini relativamente piccoli. Un charter strano ed un po’ sfortunato: su 14 giorni di noleggio, 7 furono accompagnati dal maltempo: mare, vento, pioggia e temporali.
Già alla partenza dal porto di Livorno, a fine luglio, mentre ci dirigevamo verso la Corsica, nostra prima tappa, costeggiando la parte sud dell’Isola d’Elba incontrammo tre trombe d’aria. Poi ci dirigemmo in Sardegna, in Costa Smeralda, con varie puntate in alcune baie all’ancora, per sfuggire alle varie perturbazioni in arrivo.
Dopo due settimane di charter, il 12 agosto terminava il nostro contratto
Entro mezzogiorno saremmo dovuti essere a Livorno. L’11 agosto la giornata si svolse tranquilla, anche se soffiava un vento da sud est, una brezza calda. C’era molta umidità nell’aria che non lasciava presagire nulla di buono. Un tramonto giallo pallido con una strana luce diffusa preannunciava tempesta.
Le previsioni davano per la mattina del 12 agosto una fortissima perturbazione proveniente da sud ovest, ma per l’11 non prevedevano nulla di particolare e così decisi di suggerire al cliente di approfittare della giornata per far ritorno a Livorno, ma lui non era d’accordo. Avevano perso già molte giornate di mare a causa del maltempo e quella, intendeva godersela tutta! Così decisi di partire la sera, anche se iniziava a soffiare un bel vento teso da sud ovest. Un vento strano.
Ricontrollai nuovamente le previsioni. Il 12 mattina confermavano mare e vento fortissimo. Era prevista tempesta
Erano le 20, gli ospiti stavano cenando, ma bisognava partire subito. Avevamo 5 ore di traversata e contavo all’ 1 di notte di arrivare a Livorno, anticipando la tempesta annunciata. Alle 21 iniziò a fare buio e man mano che proseguivamo nel nostro viaggio, il vento rinforzava sempre di più. Navigavamo a 4-6 miglia dalla costa ed eravamo abbastanza protetti da Capo Corso, anche se a farci compagnia c’erano onde di 2-3 metri al traverso che si infrangevano sulla fiancata sinistra dell’imbarcazione.
Comandavo la nave dal ponte esterno superiore, dove avevo una maggiore visibilità, di notte ti abitui a vedere anche al buio, e non avevo il riflesso sui vetri delle luci degli strumenti. Affrontavo le onde più grandi girando l’imbarcazione a sinistra e poi la riportavo in direzione, verso Livorno, anche se in questo modo ci allontanavamo dalla costa, andando sempre più al largo, onda dopo onda.
Superato Capo Corso le onde divennero grandi
Eppure la tempesta era prevista per la mattina del giorno successivo, altrimenti non sarei partito, mi sarei rifiutato di navigare in quelle condizioni. Era già l’una di notte ed eravamo ancora a circa metà percorso, le onde ci avevano rallentato molto e dovetti anche ridurre la velocità. Non potevamo tornare indietro, non aveva senso e anche se le onde erano veramente impressionanti l’unica soluzione era andare avanti, raggiungere Livorno.
Guidavo l’imbarcazione manualmente, completamente lucido sul ponte superiore, in modo tale che le onde più grandi non ci prendessero al traverso con il rischio di capovolgerci. Giravo la prua verso l’onda, la scavalcavamo e poi la rivolgevo nuovamente verso Livorno, ma continuavamo ad allontanarci sempre di più. Fin quando, giunti al traverso di Livorno, vidi la luce salvifica del faro e lì puntai. Il faro è alla destra dell’ingresso del porto, noi eravamo distanti 8-10 miglia ancora, l’imbarcazione procedeva lenta, ci sarebbe voluta ancora un’ora per raggiungere l’ingresso.
Era una notte di tempesta, pioggia, vento fortissimo. Il mare mandava dei ruggiti, le creste delle onde frangendo parlavano tra loro, il vento ululava sempre più forte
Ad un certo momento apparve la luna tra le nuvole a rischiarare il mare che continuava ad ingrossare, con onde di 6 e più metri, veramente impressionanti per una barca di 27 metri. In quel momento fui rapito dalla potenza della natura. Dal ruggire continuo del vento. Dal frangere e schiumare delle onde e dalla sublime bellezza di questo spettacolo.
La luna assieme ad una linea di nuvole temporalesche che continuavano a lampeggiare all’orizzonte erano di una bellezza soprannaturale, oserei dire spirituale. Lì ho percepito la nullità dell’esistenza umana. Eravamo un gruppo di formiche su un guscio di noce, in mezzo all’infinito, in balia di una tempesta che penso mi abbia cambiato nel profondo. Ancora oggi ricordandola mi vengono i brividi per la sublime e spaventosa potenza di questo mare infinito, buio, che faceva di noi quello che voleva, ma comunque ci sosteneva. Dicono che un uomo che esca da una tempesta, non sia lo stesso uomo che vi sia entrato.
Non avevo paura per me stesso, ma ero molto preoccupato per gli ospiti, se fosse successo qualcosa non sapevo come avrei potuto salvarli, c’erano anche 4 bambini a bordo. Nel buio, ad un metro di distanza, con un mare del genere sarebbe stato impossibile scorgere la testa di una persona, avevo paura di non ritrovarli se fosse successo qualcosa. Erano terrorizzati, con i loro sacchetti per il vomito nelle mani, molto provati dal continuo ondeggiare e dal mal di mare.
L’imbarcazione era un po’ datata ma aveva fortunatamente un’ottima stabilità, nonostante rollasse tantissimo. Era stata costruita dai fratelli Benetti con gli stessi criteri di una nave, anche se in piccolo, ottima stabilità e velocità di raddrizzamento. Le onde di poppa facevano accelerare la barca, che planava letteralmente sull’acqua, con il rischio di perderne il controllo e che potesse portarsi al traverso. Io percepivo lo scodinzolio della nave e cercavo di prevenirlo con l’aiuto dei timoni e dei motori.
Poi d’un tratto sentii un rumore strano, un boato più forte del solito. Mi girai e vidi un mostro: un’onda anomala
A volte accade che si formino gruppi di onde che si sommano tra di loro divenendo un gigante mostruoso. La vidi altissima che frangeva e schiumava verso di noi. Ci sollevò, ci passò sotto, frangendo, schiumando, ruggendo. Quando toccammo il cavo dell’onda, per un attimo tutto si calmò, solo il rumore salvifico dei motori, un ronzio rassicurante e piacevole. Questo attimo mi parve eterno, ma subito dopo sollevandoci sull’onda successiva, ricominciò tutto: l’ululare del vento, il frangere del mare.
Il ponte era all’incirca 5 metri di altezza sul livello del mare. Io sono alto 1.90, quindi in totale 7 metri circa. L’onda che ci ha attraversato era più alta. Non saprei dire se 8, 9 o più metri, ma era dannatamente alta. La linea della costa con le sue luci, compreso il faro scomparvero completamente per un bel po’. Ero letteralmente rapito.
Quando arrivammo a Livorno erano le 4 di mattina, con tre ore di ritardo rispetto a quanto previsto
La risacca dentro il Molo Mediceo, era tanta. In porto, a quell’ora, non c’era nessuno ad attenderci per dare assistenza. Io e i 4 membri dell’equipaggio ormeggiammo da soli. Uno di loro al termine delle operazioni scese e si accese una sigaretta finendola con un unico tiro. Vedendolo sono esploso in una risata liberatoria, contraccambiata.
Nella nave si era rovesciato di tutto. La televisione, le sedie, i divani si erano spostati a causa dell’oscillazione e delle rollate. Dopo aver rimesso in ordine abbiamo dormito un paio d’ore, un sonno leggero, adrenalinico. Mi alzai verso le 7 e andai a prendermi un caffè e a ringraziare il cielo per essere arrivati in porto tutti sani e salvi.
Per un po’ rimasi da solo a gustarmi il mio caffè rimuginando l’esperienza passata, godendo della sicurezza dello stare in porto, apprezzando questo momento e assaporando le cose semplici della vita. La giornata era molto ventosa ma c’era il sole. Non c’era una nave che partisse o entrasse a Livorno. Neanche i traghetti per l’Elba erano partiti quel giorno. Solo noi pellegrini del mare, giunti in porto dopo aver sfidato una tempesta che aveva deciso di anticipare contro ogni previsione il suo arrivo. E che ci ha cambiato per sempre.
Comandante Denis Dicic
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