Il misterioso relitto di Punta Bianca: storia del piroscafo Almerian, l’ultima nave che salutò il Titanic
Nei fondali di Agrigento una spedizione subacquea è riuscita ricostruire la storia di una nave a vapore affondata durante la prima guerra mondiale
Il misterioso relitto di Punta Bianca: storia del piroscafo Almerian, l’ultima nave che salutò il Titanic
Nei fondali di Agrigento una spedizione subacquea è riuscita ricostruire la storia di una nave a vapore affondata durante la prima guerra mondiale
Senza voler essere superstiziosi, ci sono navi che non hanno certo portato fortuna a chi le ha incrociate. Ed è stato questo il destino del piroscafo inglese Almerian, l’ultima nave che vide il Titanic nel suo primo e ultimo viaggio e l’ultima nave ad essere affondata dal combattivo sommergibile tedesco U-Boat 73 che fece colare a picco ben 12 navi inglesi, senza contare i mercantili, prima di auto affondarsi davanti alle coste francesi per non consegnarsi al nemico.
Anche la storia del ritrovamento dell’Almerian è una di quelle cha val la pena di essere raccontate ed è emblematica di come agiscono i subacquei appassionati di archeologia del mare, o se preferite chiamarli come li chiamo io, i “cacciatori di relitti”.
Comincia tutto come comincia sempre. Con un amico pescatore che ti racconta una storia. “Nel 1991 sono venuto a conoscenza del relitto di Punta Bianca grazie al mio amico Luigi Bisulca che mi ha portato a fare un’immersione in apnea nel luogo del ritrovamento. Mi sono chiesto che tipo di relitto fosse, l’anno e le cause dell’affondamento. Le acque del sito, quasi sempre torbide, mi hanno però impedito in quel momento di rendermi conto delle reali misure del relitto”, ricorda Stefano Vinciguerra, subacqueo della Lega Navale di Agrigento e del Giass, Gruppo Indagine Archeologica Subacquea Sicilia.
Come sanno bene tutti i cacciatori di relitti, una nave misteriosa in fondo al mare è una nave che non ti fa più dormire sereno fino a quando non le avrai restituito il suo nome. Nel 2014, Stefano Vinciguerra riesce a tornare sul relitto che si trova a circa 5 miglia dalla riserva di Punta Bianca, in provincia di Agrigento. La profondità è assolutamente gestibile, appena 19 metri, ma la difficoltà dell’immersione è data dalla scarsa visibilità piuttosto frequente su quel tratto di mare.
Questa volta però Vinciguerra ha portato le bombole ed è deciso a percorrere tutto il perimetro del relitto per ricavare qualche informazione in più. “Mi sono dunque immerso -racconta il subacqueo- per fotografare e riprendere i resti della nave. Credevo che avrei concluso l’operazione in poco tempo ed invece con mia grande sorpresa ho impiegato più di un’ora per coprire la distanza che intercorre tra la poppa e la prua”.
A questo punto non ci si può più tirare indietro. Quale era la nave i cui resti giacciono abbandonati sul fondale di Punta Bianca? Nell’estate del 2015, Vinciguerra con alcuni amici subacquei, dopo aver contattato la Soprintendenza, organizza una spedizione sul relitto per fare luce sul mistero. I sub scoprono che la nave, lunga più di 100 metri, era alimentata da una caldaia a vapore e che trasportava un carico di zolfo.
La causa dell’affondamento sembra invece dovuta all’esplosione di mine. Tracciando paralleli sia con la storia locale – la commercializzazione dello zolfo nell’agrigentino è terminata dopo prima guerra mondiale – che con quelle dell’evoluzione delle tecniche marinare – le imbarcazioni alimentate a diesel sostituirono quelle a vapore pressapoco nello stesso periodo -, i subacquei riescono a desumere il periodo storico dell’affondamento.
A questo punto, tocca al lavoro d’archivio. “Venni in possesso -spiega Vinciguerra- di un documento in lingua inglese, grazia al quale al relitto poteva essere finalmente dato un nome: Almerian”. La nave che riposa sui fondali di Punta Bianca era un piroscafo a vapore appartenente alla compagnia Leyland Line, e trasportava un carico di zolfo diretto a Liverpool. Fu affondata il 19 ottobre del 1918 dal sommergibile tedesco U-Boat 73 che la minò invece di silurarla.
Era una pratica molto diffusa all’epoca della prima guerra mondiale, che consentiva ai sommergibilisti di risparmiare i siluri destinati alle navi da guerra e anche di non uccidere inutilmente i marinai disarmati che navigavano sul mercantile. Un comportamento da gentiluomini che non portò fortuna all’U-Boat. Infatti, pochi giorni dopo quest’ultima impresa, fu braccato dalle navi di Sua Maestà Britannica e i suoi marinai decisero di auto affondarsi pur di non cadere in mani nemiche.
E, come abbiamo scritto in apertura, l’Almerian non portò fortuna neppure al Titanic. Secondo alcune fonti, le due navi incrociarono le loro rotte nei gelidi mari artici e suonarono le loro sirene per augurarsi a vicenda buon viaggio. Fu l’ultima nave che vide navigare il Titanic. Era il 14 aprile del 1912 ed il lussuoso transatlantico correva orgogliosamente, con le macchine a tutta velocità, incontro al suo destino.
Argomenti: Daily Nautica