La strana isola dove le donne parlano una lingua e gli uomini un’altra
In un atollo della Micronesia, maschi e femmine hanno idiomi diversi a causa di un massacro causato dai gusci di tartaruga
La strana isola dove le donne parlano una lingua e gli uomini un’altra
In un atollo della Micronesia, maschi e femmine hanno idiomi diversi a causa di un massacro causato dai gusci di tartaruga
Sapwuahfik è un piccolo atollo perso nel ben mezzo del grande oceano Pacifico. Geograficamente appartiene all’arcipelago delle isole Caroline e batte la bandiera della Stato di Pohnpei che fa parte delle Federazione di Micronesia. Se non l’avete mai sentito nominare prima, non datevene pensiero che non siete i soli. L’atollo è composto da una decina di minuscole isolette la cui superficie complessiva arriva a malapena a superare 160 ettari.
L’isolotto più grande, Ngatik, è il solo ad essere abitato da una popolazione, secondo la stima più recente, di 682 persone. Sapwuahfik ha anche una pista d’atterraggio per piccoli aerei che sino a qualche anno fa si trovava a Ngatik, ma recentemente l’erosione marina e le mareggiate legate ai cambiamenti climatici, l’hanno trasformata in un’isola a se stante, per buona parte semi sommersa. Oggi gli aerei atterrano praticamente in mezzo al mare e se qualche buona anima non ti viene a traghettare in barca, tocca tuffarsi in mare per raggiungere il villaggio.
Come avrete immaginato, a Ngatik non c’è nulla di interessante, a parte ovviamente il mare azzurro, le spiagge incontaminate e gli alberi di cocco. Ma Ngatik ha anche un’altra particolarità che rende quest’isola davvero unica al mondo: uomini e donne parlano due lingue diverse.
Le femmine infatti si esprimono in Pohnpan, ciò la lingua parlata nella vicina isola di Pohnpei, che era la lingua usata da tutti gli abitanti dell’atollo di Sapwuahfik prima che l’uomo bianco venisse a portare la sua “civiltà”. I maschi invece parlano il cosiddetto creolo Ngatikese, formato dall’intreccio di più lingue tra cui l’inglese, l’irlandese e alcuni dialetti parlati nelle isole della Micronesia.
Il perché di questo strano costume non è affatto bello da raccontare in quanto è la storia di una strage. Nel luglio 1837 attraccò nella spiaggia di Ngatik una nave battente bandiera britannica, comandata dal capitano australiano C.H. Hart, che navigava per i mari del Sud alla ricerca di perle e di gusci di tartaruga, all’epoca molto richiesti nei mercati europei e nordamericani. Di fronte al rifiuto dei nativi di cedere i loro prodotti all’equipaggio, il capitano ordinò alla ciurma di assaltare il villaggio e di ammazzare tutte le persone di sesso maschile.
Per la cronaca, il massacrò fruttò un bottino assai misero: dopo la stage, infatti, gli inglesi scoprirono che in tutta l’isola c’erano solo 25 libbre (poco più di 11 misti chili) di gusci di tartaruga. Prima di levare le ancore, il capitano nominò il suo vice, Patrick Gormon, capo tribù dell’isola. Costui vi si stabilì assieme ad altri uomini della ciurma, prendendo le donne del villaggio come mogli, o per dirla come andrebbe detta, schiave.
In seguito il capitano Hart fu inquisito per l’inutile strage dalle autorità dell’Hms, la marina di guerra di Sua Maestà Britannica, ma se la cavò sostenendo che i nativi avevano attaccato per primi. Da allora, la discendenza femminile dell’isola di Ngatik ha continuato ad esprimersi con il tradizionale linguaggio, mentre i ragazzi, educati dagli uomini, costruivano nel tempo quella lingua mista che oggi viene chiamata il “creolo Ngatikese”. Un uso che continua tutt’ora, a quasi duecento anni dalla strage.
L’immagine di copertina è tratta dal canale YouTube di AfroPictures