L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, la piattaforma artificiale che si autoproclamò Stato indipendente

La stravagante vicenda della piattaforma adriatica che un ingegnere cerca di trasformare in uno Stato indipendente sarà trasmessa su Netflix

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, la piattaforma artificiale che si autoproclamò Stato indipendente

L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, la piattaforma artificiale che si autoproclamò Stato indipendente

La stravagante vicenda della piattaforma adriatica che un ingegnere cerca di trasformare in uno Stato indipendente sarà trasmessa su Netflix

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Quel lunedì del 24 giugno 1968, a Rimini, un’allora sconosciuto ingegnere di 43 anni, al secolo Giorgio Rosa, tenne una conferenza stampa che lasciò allibiti i pochi giornalisti presenti. In soldoni, l’ingegner Rosa, ma forse dovremmo chiamarlo il “presidente” Rosa, informò l’Italia, l’Europa ed il mondo intero che a sei miglia marine al largo della costa romagnola – appena 500 metri al di fuori della acque territoriali italiane – era appena stato proclamato Stato indipendente. 

Uno Stato sovrano, con tutti gli annessi ed i connessi di una nazione in piena regola: una propria valuta, il Milo (1 milo equivaleva ad una lira), una stamperia per l’emissione di francobolli, una Costituzione, un sistema giuridico, un ordinamento democratico con tanto di governo regolarmente eletto di una mezza dozzina di ministri. Che poi questa meza dozzina di ministri fosse anche l’intera popolazione dell’isola, è un dettaglio di poca importanza.

Il nuovo Stato si chiamava Isola delle Rose. Anzi, “Insulo de la Rozoj”, perché, come ogni nuova nazione che si rispetti, anche questo doveva avere una lingua propria e l’ingegnere, scusate… il presidente Giorgio Rosa e il suo Governo avevano scelto l’esperanto, come idioma ufficiale della popolazione. Manco a dirlo, l’isola aveva pure una sua bandiera nazionale composta da tre rose in campo arancione. 

Se vi state chiedendo dove diamine il neo eletto presidente avesse pescato un’isola sconosciuta a 12 chilometri dalla costa riminese, la risposta è semplice: se l’era costruita lui. La tanto vera quanto incredibile storia della nazione più piccola e meno duratura del mondo, è cominciata tutta là, nella fervida immaginazione di Giorgio Rosa, che da bambino aveva letto le imprese di avventurieri alla James Brooke che si erano conquistati imperi e si erano proclamati re o mahārāja. A ben vedere, il nostro Giorgio Rosa si era accontentato di diventare “presidente”. 

L’impresa che dette vita all’Isola delle Rose cominciò con la costituzione di una società di costruzioni marine che aveva come presidente la stessa moglie dell’ingegnere, Gabriella Chierici, che nel luglio del 1958 individuò un punto di basso fondale appena fuori delle acque nazionali italiane. I lavori per la realizzazione della piattaforma proseguirono per tutti i dieci anni successivi, tra difficoltà finanziarie, intralci burocratici e legali con la Capitaneria di porto e problemi tecnici. Rosa aveva costruito uno speciale natante per la posa dei tralicci di sostegno utilizzando il motore della sua Cinquecento. 

L’isola fu ufficialmente pronta il 1 maggio del 1968, che, nella breve ma intensa storia dello nazione, è anche il giorno della sua indipendenza. Indipendenza che durò ben poco. Il Governo italiano all’inizio pensava che l’Isola delle Rose, sorgendo a ridosso di una costa ad alta vocazione turistica come quella romagnola, fosse solo uno stratagemma per attirare visitatori e, soprattutto, per non pagare le tasse.

Ed invece Giorgio Rosa faceva sul serio e, se da un lato allacciava contatti con gli operatori turistici riminesi, dall’altro lanciava appelli all’Onu e agli altri Stati Europei affinché fosse riconosciuta la nuova nazione che sorgeva su quell’isoletta artificiale di ben 400 metri quadrati! L’Isola delle Rose si rivelò presto una bella gatta da pelare per il Governo italiano che all’inizio aveva risposto solo intensificando il pattugliamento dell’area per prevenire traffici illeciti o contrabbando.

Una foto dell’epoca immortala l’Isola-Stato prima del suo affondamento (fonte: newsrimini.it)

Ma l’isola cresceva e continuava imperterrita il suo percorso verso la piena sovranità nazionale: si era dotata di un porto che aveva chiamato “Verda Haven” (Porto verde sempre in esperanto) – poco più di un molo, per la verità, ma comunque con delle normative di attracco tutte sue – e stava per dotarsi anche di una stazione radiofonica ufficiale che avrebbe avuto il compito di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla propria causa indipendentista e contrastare le azioni repressive del governo italiano.

Anche la popolazione era cresciuta e ora contava di ben… un (1!) residente stabile: il marinaio Pietro Bernardini che dopo averci naufragato sopra, aveva deciso di abitarci. Il presidente ed i ministri dell’Isola delle Rose infatti avevano ancora mantenuto la loro residenza italiana. 

Il Governo ruppe gli indugi il 25 giugno di quello stesso anno. Alle 7 del mattino, una decina di pilotine della polizia sbarcarono nell’isola e ne presero possesso. Qualche giorno dopo cominciarono le procedure per il pieno smantellamento della struttura marina. 

Il sogno di Giorgio Rosa era durato solo 55 giorni. Ben più lungo fu lo strascico giudiziario e politico che seguì l’occupazione militare dell’Isola delle Rose. Ci furono corsi e ricorsi in tutte le aule giudiziarie competenti e furono depositate numerosi interrogazioni parlamentari sia da destra che da sinistra. Protestarono anche gli operatori alberghieri di Rimini che affissero manifesti a lutto per la distruzione di quella che, a loro modio di vedere, era una attrazione turistica che meritava successo. 

L’ormai ex presidente Rosa si rivolse a tutte le corti di giudizio, sia italiane che europee, denunciando l’ingiustizia di quello che per lui era stato un colpo di mano militare italiano nei confronti di un pacifico Stato confinante.

La magistratura italiana rispose che, anche ammesso che l’Insulo de la Rozoj si potesse definire uno Stato sovrano, lui e i suoi ministri erano comunque cittadini italiani e, di conseguenza, tenuti a rispettare le leggi italiane. Anche le proteste elevate a livello internazionale non ottennero riscontro perché nessuno voleva prendere sul serio quella nuova bandiera composta da tre rose rosse in campo arancione. L’isola inoltre era già andata a fondo, così come i sogni di Giorgio Rosa.

Oggi, dell’Insulo de la Rozoj sono rimasti solo pochi resti nel cuore dell’Adriatico. Qualche subacqueo ci  ha organizzato delle immersioni, ma, mi assicurano, non c’è poi molto da vedere. Rimane la stravagante storia di un uomo che volle creare una nazione sovrana su un’isola che non c’era. Una storia che il regista Sydney Sibilia ha voluto raccontare in un film che da mercoledì sarà trasmesso su Netflix. Il titolo è naturalmente: L’incredibile storia dell’Isola delle Rose.

 

Fonte foto: corrieredellasera.it

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