Lo Zen e l’arte di navigare a vela
Il campione di vela Andrea Henriquet accompagna i nostri lettori in un appassionante ed istruttivo viaggio alla scoperta dei marinai 4.0
Lo Zen e l’arte di navigare a vela
Il campione di vela Andrea Henriquet accompagna i nostri lettori in un appassionante ed istruttivo viaggio alla scoperta dei marinai 4.0
“Uomo libero, tu amerai sempre il mare!”.
Navigare a vela è viaggiare, nell’accezione più nobile del termine, dove viaggiare è un percorso dal quale ricevere stimoli che aiutano a crescere, ad arricchire il proprio bagaglio culturale, le proprie abilità e conoscenze.
“Il mare è il tuo specchio…”.
Non servono grandi imprese o lunghe navigazioni, banalmente anche mollare gli ormeggi, qualche miglio fuori a vela e rientrare, ti fanno entrare nel “viaggio”, soprattutto se ci si muove da soli, con l’esigenza di meditare e ponderare ogni singolo gesto, renderlo efficace, preciso e funzionale.
“…contempli la tua anima nello svolgersi infinito della sua onda…”.
Tanto è vero che, al di là di rivendicazioni, scuse ed alibi vari, le responsabilità delle azioni su una barca che naviga sono sempre del comandante. Nel bene e nel male è la responsabilità individuale la prima ad essere chiamata in causa. Dunque, la preparazione fisica individuale è fondamentale non solo per la riuscita della navigazione ma proprio per quelle implicazioni di responsabilità di cui deve essere consapevole un marinaio che si reputi tale, indipendentemente dal ruolo ufficiale che ha a bordo.
E naturalmente tutto parte dalla testa! Il fisico, gli allenamenti, i sacrifici ti portano tra i primi ma la medaglia d’oro alle Olimpiadi si vince con la testa, dalle tempeste si esce con la testa, il primo punto sulla sicurezza è la testa, le grandi imprese si fanno principalmente con la testa, la scelta di un equipaggio per un giro del mondo si fa considerando prima di tutto la testa.
Quindi, è dal cervello che bisogna partire per mettere insieme il fisico del marinaio. D’altro canto è affascinante vedere come alcuni dei più esperti uomini di mare si muovano con un equilibrio, un’essenzialità, un’efficacia nei gesti che fa sembrare semplici tutte le manovre, anche se eseguite in condizioni difficili. L’impressione è che i gesti manuali siano sempre conseguenti ad una meditazione, sempre con la visione di anticipare quello che succederà, conseguenza di una sintonia con la barca, con i suoi movimenti, con l’influenza dell’ambiente.
Il numero giusto di volte su un winch, la posizione che anticipa una rollata, il lancio di una cima, il nodo giusto fatto velocemente un attimo prima che la cima vada in tensione, lo sguardo sull’effetto finale di una manovra che inizia da una mano che non ha bisogno del controllo dell’occhio perché tanto si muove in automatico, l’armonia con la raffica che arriva, che vuole una mano esperta sulla scotta delle vele e sul timone, una regolazione immediata che consenta allo scafo di ammortizzare e di sfruttare la forza nuova. Tutto questo ci parla di concentrazione, di equilibrio, di sintonia e di armonia.
Il viaggio ci lancia continui stimoli e sta a noi cercare di capirli, interpretarli, in un confronto continuo con il mare. Poi è vero che il cervello deve essere collegato ad un corpo che risponda adeguatamente, quindi bisognerebbe analizzare un modo di muoversi in barca estremamente vario e soprattutto poco costante. Si passa da sforzi improvvisi a freddo a momenti dove è necessario equilibrio, agilità. Soprattutto nella navigazione d’altura è difficile immaginare una preparazione fisica molto specifica.
Probabilmente si deve fare molta attenzione ad un equilibrio psico-fisico generale, dato da alimentazione (il mal di mare fa passare rapidamente la poesia zen), temperatura e umidità sul corpo, quindi abbigliamento asciutto, traspirante, impermeabile, e massima attenzione alla postura e al modo di muoversi. In questo senso serve un atteggiamento tipico degli allenamenti di alcune arti marziali, dove equilibrio, agilità, forza e concentrazione sono assolutamente centrali. I nemici principali sono senz’altro il mal di mare e il freddo, che spesso condizionano le scelte facendo fare errori anche pericolosi.
In conclusione, navigare a vela è un’attività che necessita di un alto livello di impegno intellettuale, con la libertà e il fascino di spaziare tra tecnica e poesia, dove il rapporto tra uomo e mare è davvero un’infinita occasione di crescita.
“O eterni rivali, o fratelli implacabili!”.
Citazioni da “L’Uomo e il Mare” di Charles Baudelaire