A cura di Ilaria Bellin

Il lusso sostenibile nella nautica: storytelling o realtà?

Green branding, certificazioni e strategie ESG: analisi delle narrazioni ambientali

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Nel mondo della nautica di lusso “sostenibilità” è senza dubbio una delle parole più pronunciate degli ultimi anni. Brochure istituzionali, comunicati stampa e video emozionali parlano di materiali riciclati, cantieri carbon neutral, propulsioni elettriche, partnership ambientali. Ma dietro questa narrazione, spesso seducente, si cela una domanda essenziale: quanto è autentico il racconto della sostenibilità nautica? E quanto è solo marketing?

Quando il lusso diventa (anche) verde

La nautica di fascia alta ha sempre rappresentato l’apice dell’estetica, dell’ingegneria e del design. E oggi, per restare competitiva in un mercato globale sempre più consapevole, deve aggiungere un ulteriore parametro alla sua proposta di valore: la responsabilità ambientale.

Alcuni cantieri lo stanno già facendo. Investono in ricerca e sviluppo, progettano scafi più leggeri e performanti, sperimentano propulsioni ibride o full electric, adottano vernici ecologiche e materiali a basso impatto inquinante. C’è chi lavora per abbattere le emissioni nella fase di produzione, chi inserisce pannelli solari a bordo, chi riduce la plastica nei processi logistici.

Marchi come Silent Yachts, Sunreef, Arcadia o Greenline si stanno posizionando come pionieri di una nautica sostenibile, promuovendo una visione in cui la tecnologia è al servizio del pianeta e non contro di esso.

Ma la trasformazione non riguarda solo il mondo dei motoryacht. Anche la vela, da sempre considerata l’espressione più pura e naturale del navigare, sta vivendo una fase di profonda innovazione. Un esempio significativo arriva da Grand Soleil Yachts, che con il progetto GS Blue ha introdotto una barca a vela full electric, pensata per unire performance e responsabilità ambientale. L’iniziativa è stata sviluppata in collaborazione con Northern Light Composites, realtà specializzata in materiali compositi riciclabili, con l’obiettivo di creare imbarcazioni in grado di ridurre drasticamente l’impatto ambientale lungo l’intero ciclo di vita, dalla produzione fino al fine vita.

Questo approccio non riguarda soltanto la propulsione elettrica, che già rappresenta un passo importante verso la riduzione delle emissioni, ma anche la scelta dei materiali e la loro riciclabilità, segnando un’evoluzione culturale oltre che tecnologica. La vela, in questo modo, non rimane ancorata all’idea romantica di “navigare sospinti dal vento” ma diventa un laboratorio avanzato di innovazione sostenibile.

Incentivi per la transizione green

Oltre agli investimenti dei cantieri, anche le istituzioni stanno spingendo verso un cambiamento reale. In Italia, ad esempio, è stato prorogato fino al 1° ottobre 2025 un incentivo pubblico che sostiene la rottamazione dei vecchi motori endotermici per favorire l’acquisto di propulsori elettrici. Un segnale chiaro: la sostenibilità non è più soltanto una scelta etica o di posizionamento ma una direzione concretamente supportata dalle politiche nazionali.

Greenwashing nautico: quando il marketing si auto-sabota

Cavalcare il tema “green” senza un impegno concreto rischia però di diventare un boomerang reputazionale. Il pubblico di oggi, soprattutto nel lusso, è informato, esigente, attento. Sa distinguere tra storytelling sincero e narrazione artefatta. E se un brand promette sostenibilità ma poi non la dimostra con azioni trasparenti e misurabili, perde non solo credibilità ma anche attrattività. È questo il cuore del problema: la sostenibilità non è una moda, è una promessa. E come tutte le promesse di marca, va mantenuta.

ESG: più che uno standard, una cultura

Le certificazioni ESG (Environmental, Social, Governance) stanno diventando sempre più centrali anche nel mondo nautico. Non solo perché servono nei rapporti con gli investitori ma perché offrono uno standard condiviso per misurare l’impatto complessivo di un’azienda. Ma attenzione: certificare non basta. Serve una visione integrata, dove la sostenibilità è parte del modello di business e non un esercizio di immagine. Non è più sufficiente “comunicare verde”: serve essere coerenti su tutta la filiera.

Il cliente nautico oggi: colto, globale e consapevole

Chi sceglie una barca da milioni di euro, oggi non cerca solo potenza o design. Cerca un brand che racconti una visione. Vuole un prodotto che sia bello, efficiente, unico ma anche in linea con i propri valori. La sostenibilità, in questo senso, diventa una forma di lusso relazionale e valoriale. L’armatore di oggi sceglie una barca che lo rappresenti. Una barca che racconti un’identità. E in questo racconto la sostenibilità autentica è un elemento chiave.

Comunicare la sostenibilità: verità, non retorica

Ecco perché la sfida principale per i brand nautici non è solo tecnica ma soprattutto narrativa. Il punto non è riempire il sito di parole verdi ma raccontare il dietro le quinte, mostrare ciò che succede davvero nei cantieri, nei processi decisionali, nella cultura aziendale. Le campagne più efficaci sono quelle che parlano di progetti ambientali concreti, di collaborazioni con enti scientifici, di innovazione responsabile. Non serve mostrare solo yacht scintillanti sotto il sole: serve mostrare la visione che li ha generati.

Il futuro del lusso nautico è sostenibile (se lo scegliamo)

Ripensare il lusso come esperienza e consapevolezza, più che come possesso o status, è la vera rivoluzione. In questo scenario, il marketing ha una grande responsabilità: non vendere illusioni ma accompagnare il cambiamento. Non camuffare la realtà ma dare voce a ciò che conta davvero.

La sostenibilità non è un’etichetta. È una promessa da mantenere”.