Come parlare sott’acqua: l’alfabeto del subacqueo. Parte prima: i segnali convenzionali
Farsi capire in fondo al mare è importante. Per questo i subacquei hanno creato uno speciale dizionario di gesti
Come parlare sott’acqua: l’alfabeto del subacqueo. Parte prima: i segnali convenzionali
Farsi capire in fondo al mare è importante. Per questo i subacquei hanno creato uno speciale dizionario di gesti
La necessità di comunicare sott’acqua, anche solo per far sapere al compagno che “tutto va bene”, ha spinto i subacquei ad inventarsi un vero e proprio “linguaggio muto” da immersione che è lo stesso in tutti i mari del mondo.
Conoscerlo – ed assicurarsi che anche il tuo compagno lo conosca! – è indispensabile per immergersi in sicurezza e anche per evitare figure barbine. Come quell’allievo subacqueo, tanto per citare un’esperienza personale, che all’Ok dell’istruttore risponde con un Ok alla Fonzie di Happy Days, col pugno chiuso e il pollicione alzato. Col risultato di farsi trascinare subito in superficie dal compagno di immersione, che aveva letto quel gesto come: “Risaliamo immediatamente”.
Il primo segnale da imparare quindi è il semplice Ok all’americana, con la mano aperta e il pollice e l’indice uniti a disegnare uno zero. Questo è il segnale più usato dai sub ed indica che tutto va bene. Ricordatevi che ad un Ok, si risponde sempre con un’altro Ok. Rispondere è importante. Se il tuo compagno di immersione ti mostra un Ok, significa non soltanto “Io sto bene” ma anche “E tu come stai?”. E’ indispensabile quindi fargli sapere che anche per te va tutto bene e che l’immersione può proseguire come programmato.
Se invece si agitano il pollice e l’indice, aperti a formare una L col resto delle mano chiusa, significa che ci sono dei problemi. Il compagno si attende quindi una spiegazione sulla natura di questi problemi. Ad esempio, se si indica il manometro, significa che si ha poca aria. Indicare con l’indice un orecchio, vuole dire invece che si hanno problemi di compensazione. Se il dito viene puntato su un polpaccio, allora sono i fastidiosissimi crampi (e non date sempre la colpa alle pinne troppo dure! Qualche allenamento in più, potevate anche farlo prima di immergervi!) Puntare l’indice su se stessi, dopo questo segnale, vuol dire che si ha qualche malore o nausea e che si chiede assistenza.
Quando sarete pressapoco a metà immersione, la vostra guida o il vostro istruttore prenderanno in mano il manometro, lo indicheranno con l’indice e poi punteranno il dito verso di voi. Vogliono sapere quanta aria vi rimane per gestire la seconda parte dell’immersione senza rischiare di finirla. Si risponde con le dita della mano. Ogni dito sono 10 atmosfere. 140 atmosfere corrispondono quindi a due mani aperte (che sono cento atmosfere) e poi, considerato che ne abbiamo solo due di mani, ad una mano che mostra 4 dita.
Fate attenzione -e questo vale per tutti i segnali subacquei- ad eseguire i movimenti lentamente, assicurandovi che il vostro interlocutore abbia visto e compreso bene il vostro messaggio. Ricordatevi anche di segnalare sempre alla guida o all’istruttore quando avete raggiunto le 100 atmosfere, il mezzo carico di una bombola. Lo si fa indicando il proprio manometro e poi mostrando le due mani aperte, cioè le dieci dita. In alternativa, è possibile anche indicare una T con una mano perpendicolare sul palmo dell’altra. E’ importantissimo infine far sapere quando si è raggiunta la riserva di 50 atmosfere. Lo si fa con la mano a pugno oppure indicando il manometro e poi alzando le cinque dita di una mano.
Questi sono i segnali più comuni e internazionali. Nella prossima puntata, vedremo quelli speciali.
Argomenti: #subacquea, Daily Nautica