Storie e leggende dei gatti di bordo
Sin dall’antichità i gatti furono imbarcati nelle navi per cacciare i topi. E qualcuno aveva anche un regolare passaporto
Storie e leggende dei gatti di bordo
Sin dall’antichità i gatti furono imbarcati nelle navi per cacciare i topi. E qualcuno aveva anche un regolare passaporto
I primi ad imbarcare un gatto come parte integrante della ciurma furono gli egizi. Per gli antichi abitanti del Nilo, che ne avevano intuito le potenzialità, il gatto era un animale sacro ad Osiride, il dio del sole. Questi felini, nell’antica religione dei faraoni, avevano l’importante compito di accompagnare l’anima dei morti nell’aldilà ed aiutarli a trovare la strada che conduceva all’eterno. Bastet, una dea particolarmente venerata sotto le piramidi, aveva il corpo di donna e la testa di gatto ed era simbolo della vita e della fecondità.
Ma per capire come mai i gatti sono diventati provetti marinai, non serve scomodare Bastet e Osiride. Per natura, infatti, questi felini cacciano i topi che sono un vero pericolo per i naviganti di tutte le epoche, sia perché sono vettori di contagi come la peste nera, sia perché causano danni alle attrezzature in legno e in corda. Senza contare che se riescono a mettere il muso nella cambusa, fanno piazza pulita delle scorte di viveri.
Gli archeologi ritengono che i gatti siano stati addomesticati all’incirca 9 millenni fa nel vicino Oriente e che da questi lidi si siano diffusi nel mondo seguendo le rotte commerciali della navigazione antica. I vichinghi stessi non trascuravano mai di portare un felino a bordo, che veniva consacrato alla bellissima dea guerriera (tutti gli dei e le dee vichinghe erano guerriere!) Freya che solcava i cieli a bordo di un carro d’oro trainato da una coppia di giganteschi gatti.
Anche i marinai del lontano oriente avevano capito l’importanza del gatto e non trascuravano di imbarcarne qualcuno prima di lunghi viaggi. La prima prova archeologica della presenza di un felino a bordo, è il cranio di un gatto trovato nel relitto di una giunca che trasportava porcellane, affondata attorno al 1450 nel mar cinese.
Per tornare in Occidente, uno dei più antichi trattati di diritto commerciale, il Consolato del Mare, scritto nel XV secolo e rimasto in vigore perlomeno sino al 1800, stabiliva che il comandante di una nave avesse addirittura l’obbligo di imbarcare un numero congruo di felini per salvaguardare la merce in stiva.
Intere razze di gatti furono importate via nave da regioni lontane per aiutare le città a combattere i ratti. E’ il caso del gatto Soriano che la Serenissima fece arrivare dalla Siria per aiutare i veneziani nella loro quotidiana lotta contro le “pantegane”. Lotta che, per dirla tutta, hanno vinto le pantegane considerato che al giorno d’oggi sono ancora loro le padrone dei canali, mentre i gatti locali discendenti dei Soriani evitano accuratamente di attaccar briga, impegnati come sono a gonfiarsi di croccantini e accoccolarsi sui divani.
Di leggende e di tradizioni legate ai gatti di tutti i mari, ce ne sarebbe da scrivere più di un libro. Considerati come portafortuna sia dai naviganti che dalle loro mogli, convinte che tenere un gatto nero in casa fosse una garanzia per il ritorno del marito pescatore. I marinai invece erano convinti che questi felini avessero sia il potere di salvare la nave sballottata da un fortunale, che di scatenare tremende tempeste col magico potere della loro coda, nel caso che uno sconsiderato marinaio si fosse dimostrato poco servizievole nei loro confronti.
In Giappone il gatto di bordo ha il fondamentale compito di tenere lontani gli spettri dei naufraghi facendo semplicemente “miao miao” vicino all’albero di maestra. E se sei a bordo di una nave francese e il gatto ti si avvicina e poi all’ultimo momento cambia improvvisamente direzione… beh, aspettati come minimo di essere divorato da uno squalo o di essere stritolato da una piovra gigante!
Wiston Churchill non era superstizioso ma, un po’ perché non si sa mai e un po’ perché gli si era affezionato, non trascurava mai di salutare per primo il buon Blackie, il gatto di bordo della HMS Prince of Wales, prima di sbarcare a terra, ringraziandolo del suo prezioso lavoro a bordo.
Spesso al gatto marinaio venivano rilasciati documenti ufficiali, come nel caso di Herman, un bel micione dagli occhi verdi, 5 chili di peso e manto grigio scuro, che il capitano della US Coast Guard assunse il primo dicembre 1943 nel porto di Baltimora con il compito di liberare la nave dai sorci. Al gatto cacciatore fu rilasciato un regolare passaporto con tanto di timbri e foto. Il bravo Herman, che non sapeva scrivere, firmò con una impronta della sua zampa destra.