Tartaruga marina: una vita lunga e piena di avventure
La tartaruga marina è uno dei rettili più antichi del pianeta, sopravvissuto anche ai dinosauri, ma gravemente minacciato dall'uomo
Tartaruga marina: una vita lunga e piena di avventure
La tartaruga marina è uno dei rettili più antichi del pianeta, sopravvissuto anche ai dinosauri, ma gravemente minacciato dall'uomo
Ciao a tutti! Lieta di presentarmi, sono una tartaruga marina.
Nel Mar Mediterraneo potete avvistare tre diverse specie: la Caretta Caretta, quella più comune e conosciuta, la Tartaruga Verde (Chelonia mydas), che è la miglior nuotatrice tra di noi, e la Tartaruga Liuto (Dermochelys coriacea), la più grande del mondo, con il caratteristico carapace a forma di cuore.
La mia vita lunga e piena di avventure si svolge in mare aperto. Io adoro viaggiare! Sono un animale pelagico e ritorno sulla spiaggia in cui sono nata, molti anni dopo, solamente per deporre le uova. Dopodiché riprendo le mie migrazioni, instancabile e solitaria, percorrendo grandi distanze.
Riesco ad orientarmi perfettamente perché rilevo il campo magnetico terrestre, come se avessi una bussola incorporata e posso nuotare a lungo sott’acqua: infatti sono in grado di compiere immersioni fino a 20 minuti. Normalmente riemergo ogni 5 minuti per riempire i polmoni d’ossigeno ma la capacità di rallentare la frequenza cardiaca mi permette di rimanere senza respirare anche per ore, in particolare quando devo riposare.
SOLITARIA E LONGEVA
Preferisco viaggiare da sola. Mi unisco ad un’altra tartaruga nel momento dell’accoppiamento, che avviene come una sorta di danza ed è preceduto da un romantico corteggiamento da parte del maschio, che spesso lotta duramente con altri contendenti per il possesso della femmina.
Dopo la fecondazione, attendo in acque calme e quando giunge il momento propizio, durante la notte, esco dall’acqua per scavare una buca profonda e deporre dalle 50 alle 200 uova, che rimangono sotto la sabbia per circa due mesi in attesa della schiusa.
Le piccole tartarughe appena nascono si dirigono istintivamente verso il mare ma poche di loro riescono a raggiungerlo a causa dei predatori naturali che le intercettano e le cacciano voracemente. Se riescono a percorrere indenni la spiaggia e ad entrare in acqua, devono affrontare numerosi altri pericoli. La vita giovanile è una fase difficile da superare: si stima che solo 1 su 1.000 tra di noi ce la faccia.
La mia struttura fisica mi rende agile in mare e non ho bisogno di proteggermi quando sono in acqua, motivo per cui la natura non mi ha donato la capacità di ritirarmi nel mio guscio (a differenza delle tartarughe terrestri). Una volta diventata adulta non ho più predatori naturali, eccetto i grandi squali, per questo riesco a vivere anche fino a 100 anni.
CREATURA MILLENARIA E VULNERABILE
Sono uno dei rettili più antichi del pianeta, sono sopravvissuta persino ai dinosauri e adesso rischio di estinguermi a causa dell’uomo. L’impatto antropico costituisce una minaccia sia nell’ambiente in cui vivo, il mare, sia in quello in cui mi riproduco, le coste.
Molteplici le cause, che vanno dalla cementificazione, che riduce la possibilità di nidificare, all’inquinamento. In particolare l’ingestione di sacchetti di plastica, scambiati per meduse, ci può causare danni enormi. Anche la pesca è una minaccia: le reti ci provocano ferite e mutilazioni, e a volte ci rimangono ami nella bocca o nel tratto digerente. Poi ci sono gli impatti con le imbarcazioni a motore, che causano traumi e ferite al carapace, spesso irreversibili.
LA VOCE DEL SILENZIO
Vi racconto la storia di una mia amica.
Lei si chiama Elica, perché le eliche delle imbarcazioni sono state la sua condanna. È l’unica tartaruga marina visibile all’Acquario di Genova, dove si effettua un’ospedalizzazione delle tartarughe in difficoltà finalizzata alla cura e al successivo rilascio in mare. Nel suo caso non è stato possibile conseguire l’obiettivo principale di garantire ad ogni individuo uno stato di salute consono al reinserimento nel proprio habitat naturale.
Elica era stata ricoverata una prima volta dopo aver subito una grave ferita al carapace, causata dall’impatto con un’imbarcazione. Dopo essere stata curata e rilasciata in mare, un secondo fatale impatto le ha causato una lesione della colonna vertebrale che le impedisce di muovere le pinne posteriori, pertanto non è più in grado di sopravvivere in mare aperto.
Sono presenti diversi centri di recupero finalizzati ad aiutarci e a rimetterci in libertà, perché sempre più spesso veniamo danneggiate dall’uomo. Ma io vi chiedo di non arrivare a questo punto. Negli anni scorsi sono stati circa 150 gli esemplari di tartarughe marine accolte per l’ospedalizzazione presso la struttura dell’Acquario di Genova. Però non tutte, purtroppo, sono storie a lieto fine.
Sono un animale vulnerabile, quasi al limite dell’estinzione, è necessario che gli utenti del mare siano più sensibili e più attenti al rispetto e alla conservazione delle risorse naturali marine. Per favore, tutelateci e aiutateci a rimanere ancora per molto tempo sul nostro pianeta.
Argomenti: Daily Nautica, Genova