Anche i Caraibi invasi dai rifiuti. L’isola di Roatán trasformata in una discarica
La denuncia di una fotografa del National Geographic che lancia un appello contro la plastica nel mare
La denuncia di una fotografa del National Geographic che lancia un appello contro la plastica nel mare
Al largo delle coste dell’Honduras, nel cuore del Mar dei Caraibi, circondata da un coloratissima barriera corallina, si trova l’isola di Roatán. E’ la più grande dell’arcipelago delle Islas de la Bahía ed è famosa tra gli storici della filibusta perché il famigerato pirata Henry Morgan l’aveva scelta come suo covo segreto.
Secondo alcune leggende, il corsaro del Galles avrebbe nascosto sotto le candide sabbie di Roatán parte del suo leggendario tesoro depredato ai galeoni di Sua Maestà Cattolica di Spagna. Tesoro che, ammesso che esista, adesso è coperto da vari strati di plastica e immondizia. Già, perché questa perla dei Caraibi, da incontaminato paradiso tropicale si è trasformata in una discarica a cielo aperto.
Scordatevi le azzurre acque cristalline ed i candidi banchi di sabbia che riverberano al sole. Se avete la (s)fortuna di sbarcare a Roatán, non vedrete altro che un orizzonte coperto da rifiuti di plastica e la prua della vostra imbarcazione sembrerà il rostro di una rompighiaccio che si apre a fatica la strada in un pack di bottiglie, piatti, scatolette e rifiuti vari.
A denunciare questo scempio ecologico è stata la fotografa onduregna Caroline Power del National Geographic. La giovane, appassionata di subacquea, aveva raggiunto Roatán nella speranza di godersi qualche indimenticabile immersione nella sua barriera corallina. Possiamo soltanto immaginare il suo stupore quando ha visto che il mare era coperto senza soluzione di continuità da uno strato di immondizia e che, per raggiungere il punto di immersione, avrebbe dovuto navigare in un mare di plastica.
Così Caroline ha deciso di rinunciare alla vacanza e prendere la fidata macchina fotografica per immortalare e denunciare al mondo questo disastro ecologico. In un post su twitter ha lanciato l’appello “This has to stop“. Questo deve finire. “Pensate alle vostre vite quotidiane -ha scritto la fotografa– Come avete preso il cibo l’ultima volta che avete mangiato fuori casa? Come vi hanno servito il vostro ultimo street food? È probabile che fosse avvolto dal polistirolo, servito con una forchetta di plastica e infine consegnato in una busta di plastica”.
Vale la pena di sottolineare che la presenza della plastica nel mare, come Liguria Nautica ha denunciato in più occasioni, non è soltanto un’offesa alla bellezza di certi paesaggi ma un vero e proprio disastro ecologico. La barriera corallina dell’isola di Roatán sta, infatti, morendo per la mancanza di luce, fermata dalla coltre di rifiuti. Molte specie viventi, inoltre, ingeriscono la plastica e muoiono, interrompendo la catena alimentare, col conseguente risultato di uccidere tutta la vita del mare.
Non è neppure un caso isolato, questo di Roatán. Abbiamo già scritto dell’isola di Henderson, dove ogni metro quadrato è coperto in media da 671 rifiuti di plastica. La più alta densità al mondo. Ma questa isola si trova nell’oceano, in mezzo alla South Pacific Gyre, la corrente del Pacifico del sud, che raccoglie tutti gli scarti dell’America Latina finiti in mare, oltre a tutta la spazzatura abbandonata dalle navi da crociera.
Che ci fosse un’altra Henderson anche nel Mar dei Caraibi, lo abbiamo scoperto grazie alla denuncia di Caroline Power. Ci uniamo quindi al suo appello. This has to stop. Tutto questo deve finire. Se continuiamo a produrre senza riutilizzare ed a gettare senza differenziare 8 milioni di oggetti di plastica ogni anno, come stiamo facendo ora, nel 2050 negli oceani ci saranno più rifiuti che pesci. E se muore il mare, come sanno tutti i marinai, la terra non può sopravvivere.
Argomenti: Daily Nautica