La US Navy testa la muta subacquea di Iron Man
La "Deep Sea Expeditionary with No Decompression" (DSEND) o "muta di Iron Man" è ormai allo stadio di test avanzato, con le prime immersioni svolte in piscina nel mese di febbraio e altre più approfondite nell’ultimo mese
La "Deep Sea Expeditionary with No Decompression" (DSEND) o "muta di Iron Man" è ormai allo stadio di test avanzato, con le prime immersioni svolte in piscina nel mese di febbraio e altre più approfondite nell’ultimo mese
Tra i programmi della Marina Militare americana è in avanzato stadio di progettazione una muta subacquea che consente ai sommozzatori di non fare decompressione. Realizzato per usi militari, di lavoro su alto fondale e sui relitti e di salvataggio di mezzi subacquei, il nuovo apparato è simile ad una grossa muta stagna, più che agli attuali Atmospheric Diving Suit (ADS) rigidi, costosi ed estremamente scomodi da utilizzare.
La “Deep Sea Expeditionary with No Decompression” (DSEND) o “muta di Iron Man” è ormai allo stadio di test avanzato, con le prime immersioni svolte in piscina nel mese di febbraio e altre più approfondite nell’ultimo mese. La notizia è trapelata da fonti ufficiali della US Navy, che ha lasciato pubblicare online una fotografia del prototipo.
Allie Williams, Naval Surface Warfare Center Panama City Division Fleet Diving In-Service Engineering Agent, ha spiegato alcuni dei punti salienti di questa dimostrazione di successo. “Questo test – ha sottolineato – è stato condotto come una prova di concetto che dimostra la flessibilità e la manovrabilità della muta DSEND, manovrata in maniera autonoma dal subacqueo. L’operatore indossava anche un sistema Divers Augmented Vision Display (DAVD) all’interno della muta per dimostrare anche la futura integrazione permanente con questo sistema di visione innovativo”.
Questo progetto mira a superare i limiti dell’ADS, che è particolarmente pesante, manca di manovrabilità e richiede un’imbarcazione marittima relativamente grande per l’utilizzo. In particolare, migliora la libertà di movimento del subacqueo grazie a snodi e giunture progettati su quelli del corpo umano e consente di muoversi senza sforzi in maniera autonoma. Alle prove in acqua hanno partecipato subacquei militari sia di sesso maschile che femminile.
Oltre alla mobilità, l’obiettivo principale del programma è quello di sviluppare una muta da immersione che mantenga la pressione atmosferica al suo interno e possa resistere a pressioni fino a 300 piedi di acqua di mare, cioè oltre 90 metri. Un ulteriore sviluppo potrebbe poi consentirle di raggiungere maggiori profondità.
“È una muta dura in cui il subacqueo si infila”, ha dichiarato in un’intervista Paul McMurtrie, responsabile del programma di sistemi di immersione del Naval Sea Systems Command e istruttore subacqueo della Marina in pensione. “Una buona rappresentazione – ha aggiunto – sarebbe un’armatura da Iron Man per subacquei. Per completare una tipica sessione di lavoro sott’acqua in profondità tra i 20 e i 25 minuti, i sommozzatori devono ora utilizzare un sistema di saturazione o campana subacquea, pressurizzata con gas per adattarsi alla pressione dell’acqua esterna”.
“Più in profondità scendono – ha ricordato McMurtrie – maggiore è il pericolo derivante dall’aumento della pressione dell’acqua. Quindi, risalgono gradualmente, fermandosi a intervalli, per evitare che l’azoto formi bolle nel sangue o nei tessuti, con conseguenti malattie da decompressione e altre complicazioni come lesioni all’orecchio interno. E dopo l’emersione i subacquei devono trascorrere altri 90 minuti in una camera di decompressione. Senza contare che anche seguire questi protocolli non elimina del tutto il rischio di malattia da decompressione”.
“Il sistema DSEND – conclude McMurtrie – mira a correggere questi problemi. La muta, in lavorazione da più di cinque anni, elimina la necessità di una graduale risalita in superficie, perché fornisce una pressione atmosferica costante. Ciò consente ai subacquei di trascorrere più tempo sott’acqua. Con la DSEND possiamo far lavorare il subacqueo sul fondo anche 6 ore, poi farlo risalire, uscire dalla muta e far saltare dentro il prossimo per altre 6 ore. Un lavoro che richiederebbe ai subacquei da due a tre settimane per essere completato, con la muta potrebbe essere effettuato in un giorno o due con una squadra molto più piccola, un ingombro ridotto e con la sicurezza di non dover rischiare la malattia da decompressione”.
Come direbbe una pubblicità, sembra fantascienza ma è scienza: Iron Man sotto la superficie del mare!
Fonte foto: https://www.navsea.navy.mil/
Argomenti: Daily Nautica
sarebbe bello che una volta resa operativa,si potesse usare pure nell’immersione “civile”E dunque addio ai rebreathers!