10 novembre 2022

Intervista a Mascia Poma, comandante di Bleu De Nimes: “Ecco come sono diventata la prima donna al mondo a capo di un maxi yacht”

10 novembre 2022

La nostra intervista a Mascia Poma, da 15 anni al comando del maxi yacht di 72 metri e prima donna ad entrare a far parte dell'associazione Italian Yacht Masters

La nostra intervista a Mascia Poma, da 15 anni al comando del maxi yacht di 72 metri e prima donna ad entrare a far parte dell'associazione Italian Yacht Masters

5 minuti di lettura

Mascia Poma, classe 1975, da 15 anni è il comandante del maxi yacht Bleu de Nimes ed è anche la prima donna ad essere entrata a far parte dell’esclusiva associazione Italian Yacht Masters, che riunisce i comandanti italiani di superyacht.

Fino al 2010 Mascia era anche l’unica donna al mondo al comando di un megayacht. Una professionista che ha fatto del mare la sua casa ma anche quella della sua famiglia. Suo figlio di 6 anni, infatti, la segue dalla nascita in ogni rotta, così come il marito, che lavora come tecnico di bordo.

Bleu de Nimes, che dopo una complessa operazione di refit ha raggiunto una lunghezza di 72 metri, è oggi uno dei più celebri passenger yacht in circolazione. A raccontarci storia e aneddoti di questo particolare megayacht, nato come nave da guerra della Royal Navy, è proprio il comandante Poma, che abbiamo incontrato a bordo per questa intervista esclusiva.

Lei è stata davvero la prima e unica donna al mondo al comando di un maxi yacht?

Effetivamente fino al 2010 ero l’unica donna, ma solo se parliamo di grandi barche dai 60 metri in su, mentre a bordo di imbarcazioni più piccole non ero la sola. Pensate che solo il 2% dei lavoratori del settore marittimo, broker compresi, sono donne e di questo piccolo numero solo lo 0,2 % fa parte della categoria dei comandanti. E’ davvero raro quindi trovare delle colleghe ma ci sono.

Possiamo allora azzardare l’ipotesi che al momento sia l’unica comandate donna con a bordo l’intera famiglia..

Sì, probabilmente sono l’unica e ancora sto cercando di capire se è una decisione corretta. Inizialmente, quando con mio marito abbiamo deciso di avere una famiglia, mi ero licenziata, non ero certa fosse una scelta etica crescere un figlio a bordo perché la testa di un comandante deve sempre essere dedicata all’equipaggio anche in caso di emergenza. Ad esempio, quando incontriamo mare grosso, mio figlio sa che deve stare in cabina sdraiato perché possono cadere oggetti e un bambino può farsi male. Ad ogni modo il licenziamento è stata solo un’idea perché l’armatore, grande marinaio e amante del mare, mi ha detto di tenere pure mio figlio a bordo, così ci siamo lanciati in questa avventura e ora sono 6 anni che navighiamo insieme. Adesso viene seguito da un tutor che si dedica a lui e per la scuola seguiamo l’educazione parentale. Il futuro? Vedremo..

Facciamo un passo indietro quando Mascia era una giovane ragazza di Calasetta con tutta una vita davanti: sapeva già che un giorno sarebbe diventata un comandante? Era questo il suo progetto?

Mio papà era un pescatore, quindi ho sempre avuto l’attrazione per il mare e crescendo l’ho voluta unire alla voglia di lavorare. Ero giovane ma volevo un impiego a tutti i costi. I miei genitori spingevano per farmi studiare ma poi hanno ceduto e così ho iniziato con le attività stagionali, prima nei bar e solo in un secondo momento con la barca di famiglia, anche se è stata dura convincere mio papà che ripeteva sempre “Non si è mai vista una donna a bordo!”. Alla fine ho fatto sette anni insieme a lui per tutte le estati, da quando chiudeva la scuola, aumentando il ritmo durante gli anni dell’università. La svolta è arrivata nel 2000 quando giunse a Calasetta il Lady May di Renzo Rosso. All’epoca lavoravo in estate con i gommoni dei turisti ed eravamo sul Portolano. Caso vuole che lo yacht di Rosso ebbe un problema a bordo, così ci chiamarono e per me era la prima volta che salivo su uno yacht. Sono tornata a casa e ho detto “Io nella vita voglio fare questo e basta”, così a gennaio 2001 ho iniziato a cercare lavoro per imbarcarmi sugli yacht.

Sono già 15 anni che è al comando di Bleu de Nimes, un’imbarcazione con una storia importante, la conosceva già? Quali sono state le emozioni di fronte all’opportunità di questo incarico?

Questa barca per me significa casa perché sono a bordo dal 27 aprile 2007. Prima di questo incarico avevo fatto una ricerca per capire chi era l’armatore che in Italia faceva navigare di più la barca e mi avevano indicato proprio il Bleu de Nimes. Mi ero detta “Bene, lavorerò per quell’armatore” e così è stato, iniziai dopo quattro anni. Dopo che venne dismessa dalla Royal Navy, la nave fu comprata da quell’armatore e portata in cantiere in Turchia. Qui l’hanno completamente svuotata: era un guscio vuoto e di originale oggi sono rimaste solo tre pompe in sala macchine, il verricello dell’ancora e i verricelli di poppa. Dal 2007 al 2011 l’armatore la usava solo con la famiglia, poi dal 2011 decise di iniziare a fare charter. Da qui la necessità di allungarla e modificarla strutturalmente. Bleu de Nimes ha una storia incredibile, è un’imbarcazione eccezionale. Di base è un explorer yacht, ha tutte le caratteristiche per navigare un po’ dappertutto, le lamiere dello scafo (hanno il 2% di titanio) sono da 10, la chiglia da 12, è un’imbarcazione molto robusta proprio per il lavoro che faceva prima: era un degassing vessel, ossia demagnetizzava i sottomarini.

Con Bleu de Nimes quanti Paesi avete visitato?

Nel giro del mondo insieme all’armatore abbiamo toccato Seychelles, Madagascar, Thailandia, Nuova Guinea, Isola di Salomone, Isole Marshall, Australia e Polinesia Francese. Coi invece charter va molto l’oceano Indiano: un anno siamo andati a Capo Verde anche se la logistica a terra non è semplice. Se arrivano dei charter, quindi, l’armatore cerca di mandarla verso l’Indiano. Un’esperienza meravigliosa è stata con il governo delle Mauritius perché quest’anno le isole Chagos sono state restituite alle Mauritius dopo la disputa territoriale con gli inglesi e noi abbiamo aiutato gli abitanti di queste isole a ritornare a casa dopo che per anni erano stati trasferiti a Mauritius o alle Seychelles per lasciare l’isola agli Usa come base militare.

 

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