Additive manufacturing: al Salone di Genova i primi casi fruttuosi per la nautica
"Zero tool-zero waste" al Salone di Genova svela come l'additive manufacturing nella nautica sia cruciale, anche per la sostenibilità
"Zero tool-zero waste" al Salone di Genova svela come l'additive manufacturing nella nautica sia cruciale, anche per la sostenibilità
Additive manufacturing, un’espressione legata a modalità produttive proiettate verso il futuro, che al Salone di Genova ha rivelato inedite applicazioni anche per il settore nautico, in cui flessibilità e sostenibilità iniziano ad essere imprescindibili. La conferenza “Zero tool-zero waste”, a cura di ATENA Lombardia, è stata infatti un momento di scoperta e di riflessione su una tecnica in costante evoluzione, già sfruttata per la realizzazione di progetti a diverse scale dimensionali.
Cosa si intende per “additive manufacturing”?
L’additive manufacturing (AM, in italiano traducibile come produzione additiva) è un processo utile alla creazione di oggetti partendo da modelli computerizzati, mediante aggiunta di materia – uno strato sopra l’altro – invece che sottrazione (come avviene ad esempio fresando un blocco iniziale) o stampaggio. Nata tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, ha avuto un’accelerazione qualitativa e applicativa in questi decenni, in cui è uscita dai laboratori di ricerca e di sperimentazione per entrare da protagonista nei luoghi dove si produce.
L’additive manufacturing al Salone di Genova

Molta strada è stata fatta anche nel comparto nautico, grazie al recepimento da parte degli attori delle potenzialità della produzione additiva che risulta ideale al servizio della crescente domanda di customizzazione di armatori e cantieri e della sempre più necessaria flessibilità, in risposta alle fluttuazioni (anche economiche) del mercato e delle tendenze. Perché l’additive manufacturing non richiede le tempistiche di una produzione tradizionale, né il consumo aggiuntivo di materiali – per gli stampi, ad esempio – o la produzione di sfrido: dall’input del software alla stampante 3D o al robot che costruisce, fino al prodotto finito, si tratta di ore, non di giornate, e la materia prima viene utilizzata solamente nella quantità necessaria ed esclusivamente dove serve.
“Il necessario svincolo dalle logiche produttive attuali del settore – ha spiegato Andrea Ratti – che negli ultimi anni ha visto crescere il fatturato globale a scapito però del volume di produzione – si realizzano meno scafi ma di grandi dimensioni e sempre più personalizzati – favorisce l’adozione della additive manufacturing”. E se la tecnica si sta vieppiù affinando, spaziando dalla selezione dei materiali compositi più adatti alle differenti tecniche di addizione materica fino alla ricerca delle fibre di rinforzo ottimali, parallelamente aumentano i risultati concreti.

Nugae, start-up lombarda specializzata nella stampa 3D innovativa per “una nautica leggera e sostenibile“, come auspica Francesco Belvisi, ha realizzato invece, ad esempio, la struttura portante di una seduta imbottita per il Wally 100, la chiglia del catamarano Bali 4.3 e l’hard top su misura del Joy Marine 50 RIB.
Sostenibilità: la sfida del futuro della produzione additiva
Ma la vera sfida di domani, legata ai plus della produzione additiva, è quella legata alla sostenibilità. “Nessuno sta seriamente affrontando – ha ricordato Marinella Levi – il tema spinoso del fine vita delle imbarcazioni. Eppure, è un argomento che non si può più evitare. L’additive manufacturing potrebbe essere la chiave di volta del problema, poiché necessita di fibre di sostegno per le resine utilizzate nel processo produttivo: sminuzzare gli scafi, per ridurli in particelle utili, sarebbe un passo avanti auspicabile. Perché anche in questo ambito tecnologico è importante mirare a un’economia realmente circolare, che sfrutti scarti da filiere differenti, per ‘salvarle’ e reintrodurle a nuove vite”.

Argomenti: Accessori nautici, ambiente-&-sostenibilità, Saloni Nautici
