Andrea Fantini e la vita “sregolata” del velista oceanico | L’intervista di LN
Una chiacchierata a 360° con lo skipper Andrea Fantini, dal sogno del Vendeé Globe al mare di spazzatura che infesta gli oceani ed il Mediterraneo, passando anche per Genova con Slam
Una chiacchierata a 360° con lo skipper Andrea Fantini, dal sogno del Vendeé Globe al mare di spazzatura che infesta gli oceani ed il Mediterraneo, passando anche per Genova con Slam
Dopo la mancata partenza a Saint- Tropez per un guasto, lo skipper oceanico Andrea Fantini, classe 1982, è già al lavoro per preparare la Route du Rhum 2018. Il velista ferrarese naviga con il Class 40 Enel Green Power, prima Magalé, disegnato da Guillame Verdier. In questa intervista, Andrea parla della vita “sregolata” del velista oceanico, del mare di spazzatura che ha visto navigando e del legame con il brand genovese Slam dal punto di vista tecnico e ambientale.
LN – Andrea, ti seguiamo spesso sui tuoi canali social. Ma quanto tempo passi in mare?
AF – Sicuramente meno di quanto vorrei. Il mio obiettivo è stare in mare il più possibile perché è con l’allenamento che cresci veramente, un po’ come in ogni sport. In media passo circa 15 giorni al mese in acqua, a volte di più ma a volte, purtroppo, di meno. Dopo l’ennesimo episodio sfortunato (guasto all’autopilota in partenza e rinuncia alla regata Au large de Saint-Tropez n.d.r.) voglio risolvere il problema quanto prima per rimettermi in navigazione e tornare a macinare miglia.
LN – Esiste la giornata tipo di un velista oceanico?
AF – Fortunatamente è wild, senza regole precise. Non ho diete particolari, anzi mangio veramente di tutto. Il fatto è che in mare non puoi abbuffarti, e quindi quando torno a terra…recupero! In generale è molto complicato descrivere una giornata tipo. Ad esempio quando sono in mare mi concentro sulla navigazione, mentre quando sono a terra devo gestire sponsor, lavori in cantiere e tutto il resto. Non riesco ad avere una routine, vivo molto alla giornata. Ovviamente alla base di tutto c’é comunque un programma solido su quando vado in regata, quando ho gli eventi con i partner e quando la barca è in cantiere.
LN – E l’abbigliamento?
AF – Per un velista oceanico l’abbigliamento è fondamentale per il tempo che passi in mare e per le condizioni che incontri. Per questo sono davvero contento di collaborare con Slam. Vogliono feedback veri e sinceri e io sono ben felice di darglieli, per creare qualcosa che in mare funzioni veramente. Il nostro obiettivo è ottenere una cerata oceanica che sia perfetta sotto tutti i punti di vista. C’è uno scambio continuo e voglia di crescere da entrambe le parti. Il bello è che riesci a scambiare idee e a parlare in modo molto diretto, condizioni che permettono di migliorarsi.
LN – La vita del navigatore è indubbiamente affascinante ma cosa ti piace di più del tuo lavoro?
AF – Quello che mi ha cambiato la vita è stato viaggiare, ormai per me è imprescindibile. Faccio questo lavoro anche perché si può viaggiare tanto. Quando ero con Giovanni (Soldini n.d.r.) e Maserati in giro per il mondo per me era veramente il massimo. Paradossalmente con questo progetto viaggio un po’ meno fuori Europa, perché navigo prevalentemente in Atlantico e un po’ mi manca.
LN – Avendo navigato così tanto, hai avuto anche modo di osservare a lungo il mare ed il suo stato di salute?
AF – Senza tanti fronzoli, è un disastro, un vero disastro. In mare trovi di tutto, è impressionante vedere quanto schifo incontri. Anche in Pacifico a 2000 miglia dalla California e dalla Cina trovi frigoriferi e copertoni, per non parlare della celeberrima isola di plastica. La sensibilizzazione dovrebbe partire dai bambini nelle scuole perché quando i problemi veri arriveranno, saranno troppi e troppo grandi per affrontarli. Uno dei motivi per cui sono felicissimo di collaborare con Slam ed Enel Green Power è l’attenzione che dedicano alla tematica della tutela ambientale e tutti i progetti che portano avanti. Sono fondamentali perché la gente non se ne rende conto e per me è anche un fatto culturale. Ci sono Paesi in cui ho visto più sensibilità alle tematiche ambientali da parte della popolazione, mentre nel Mediterraneo non vedo assolutamente attenzione.
LN – La vela in Italia la praticano ancora troppe poche persone. Cosa le manca per diventare uno sport di tutti?
AF – In Italia è ancora vista come uno sport elitario perché per ora in effetti lo è, ma si potrebbe fare di più. Per adesso è troppo complicato andare in barca e anche in questo caso bisognerebbe cominciare a far fare esperienze a contatto con il mare già ai bambini nelle scuole. In Bretagna l’ho vissuto tante volte, hai sempre scolaresche sui pontili, che conoscono il meteo, le barche e gli skipper. Se hai questo background, dopo è tutto diverso. Per collegarmi a quello che dicevamo prima, se in tanti vanno per mare e lo conoscono è più probabile che lo rispettino, no?
LN – Voltare pagina dopo Saint-Tropez e poi? Parlaci di cosa ti aspetta in futuro
AF – Lo dico dal profondo del cuore, il mio sogno è il Vendeé Globe, ma inizierò a cercare i soldi per fare questa regata quando mi sentirò pronto. Sto facendo un percorso con cui spero di raccogliere tutta l’esperienza per farla. Per quest’anno riuscire a fare la Route du Rhum senza contrattempi sarebbe già una grande soddisfazione. Saranno tante le porte in faccia, ma non mi arrendo!
Argomenti: Daily Nautica, vela