03 novembre 2015

Disastro Transat Jacques Vabre: e adesso come si convincono gli sponsor italiani a investire sulla vela oceanica?

03 novembre 2015

Una riflessione dovuta su un dibattito che accende il web e divide pubblico, e addetti ai lavori in due fazioni: i duri e puri da un lato, i riflessivi dall'altro, ecco il nostro punto di vista

Disastro Transat Jacques Vabre: e adesso come si convincono gli sponsor italiani a investire sulla vela oceanica?

Una riflessione dovuta su un dibattito che accende il web e divide pubblico, e addetti ai lavori in due fazioni: i duri e puri da un lato, i riflessivi dall'altro, ecco il nostro punto di vista

5 minuti di lettura

La vela non è uno sport per mammolette!“, disse Vittorio Malingri e ripete in questi giorni un articolo de La Stampa, con un nutrito coro di appassionati “puristi” in giro per il web, a proposito della scelta di fare partire la Transat Jacques Vabre comunque nonostante la previsione di una serie di depressioni in arrivo.

Vero, verissimo, sacrosanto. La vela non è uno sport per mammolette, è uno sport da duri/dure e la vela oceanica, soprattutto da un punto di vista psicologico oltre che ovviamente fisico, è la massima espressione di questo concetto, e su questo non c’è dubbio. Ma cosa c’entra questo con l’eventualità di rinviare di 2 o 3 giorni una regata che, come era previsto ed è avvenuto, si è trasformata da subito in un massacro per skipper e barche? Siccome la vela è uno sport da duri, si parte comunque andando incontro a due o tre tempeste in fila?

Il concetto mi lascia dubbioso, perché una cosa è incontrare una tempesta ad alcuni giorni dalla partenza, sei li e non puoi farci niente, allora dimostri che sei un duro, resisti e proteggi la barca. Una cosa è dare lo start consapevoli che sicuramente ci saranno delle barche, anche molte barche, che romperanno qualcosa, ci saranno skipper in pericolo, soccorsi da attivare etc etc. Allora una cosa è la vela/sport da duri, una cosa è il circo. Sono due discipline diverse. Il circo forse, con gli spettacolari video dall’elicottero dei salvataggi dei naufraghi, può essere interessante per chi deve fare i titoli sui giornali, in regata invece uno skipper ha come obbiettivo quello di portare al traguardo la barca prima di tutto, non di ridurla come la macchina dei Blues Brothers. Si, diranno molti, ma gli skipper sono responsabili della loro decisione di partire o meno. L’uovo di colombo.

Gli skipper sono degli agonisti, molti degli agonisti feroci, spietati, basta solo uno skipper su tutta la flotta che abbia voglia di partire e tutti gli altri saranno pronti a sfidarlo, tempeste o meno, funziona così, e chi fa le regate lo sa bene. Non a caso la frase di Giancarlo Pedote, riportata dalla maggior parte dei media italiani di settore, va interpretata: “Da opinionista la partenza andava rinviata, da regatante ero pronto a partire senza pensare ad altro“, ed è ovvio che sia così. Pedote è un agonista, oltre che un grande skipper. Provate a dire a un pilota di F1 o Moto GP di stare ai box perché piove troppo e c’è pericolo mentre gli altri girano in pista, cosa farebbe secondo voi?

Gli organizzatori delle regate, in questo senso, anche se la normativa affida tutta la scelta agli skipper circa la decisione di partire o meno, non sono esenti da responsabilità. Vecchia storia, solito dibattio tra i duri e puri e i riflessivi.

L’equazione in base alla quale la vela non è uno sport da mammolette e quindi si parte a qualsiasi costo, a mio avviso, è fuorviante e, soprattutto, non dovrebbe assolutamente essere il punto di vista italiano, la Francia è un altro mondo.

L’Italia è il paese, non dimentichiamolo, in cui Andrea Mura con un’IMOCA bello e pronto, non è riuscito a trovare il 20% del budget per un progetto sportivo di due anni. Proviamo a immaginare allora il dialogo tra uno skipper italiano in cerca di sponsor e un’ipotetica azienda che potrebbe finanziarlo.

Skipper: Salve azienda, avevo pensato di chiederle 5-6 milioni di euro, voglio regatare in Oceano con una barca nuova e la vela può garantirvi grandi ritorni di immagine.

Sponsor: interessante skipper, ci sembra una bella idea. Ma ci spieghi, quali sono i rischi di queste regate oceaniche, vogliamo capire a cosa andiamo incontro se stanziamo 5-6 milioni di euro per il suo progetto.

Skipper: Bhe, devo essere sincero, la vela non è uno sport per mammolette, se alla partenza è prevista una tempesta in arrivo anche poco dopo lo start le regate partono lo stesso perché noi siamo dei duri.

Sponsor: Veramente siete dei duri, ma che bravi, figo! E con una tempesta, una di queste barche che lei vorrebbe avere finanziata, come si può comportare?

Skipper: Bhe se la tempesta è forte può anche darsi che spacchiamo tutto, è bene che lo sappiate.

Sponsor: Ma quindi potrebbe anche accadere che poco dopo la partenza siamo già fuori combattimento? Perché una cosa è stare in gara giorni e settimane e poi rompere, una cosa è rompere appena partiti

Skipper: ehmmmm….si….potrebbe accadere anche appena partiti…siamo dei duri noi….

Sponsor: Le faremo sapere, molte grazie.

E lo skipper non ebbe mai il suo sponsor. L’idea che si parta comunque, maltempo o meno, è un’idea romantica, avventurosa, affascinante, molto francese: l’uomo e la natura, la tecnologia  e il mare, tutto molto bello. Peccato che in Italia non funzioni così, peccato che in Italia si faccia fatica a trovare qualche migliaio di euro per fare il campionatino locale, figuriamoci trovare i milioni di euro per una campagna oceanica. In Francia ci sono sponsor disposti a pagare il rischio di vedere spaccare le barche poco dopo la partenza, in Italia no. Siamo mammolette? Forse si, può darsi, ma facciamocene una ragione, questo punto di vista in Italia non funziona.

Mauro Giuffrè

 

 

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8 commenti

  1. Narese says:

    Mi displace, ma manca un parametro fondamentale!
    Qui non si tratta solo sponsor Si o sponsor No, oppure se rinviamo la regatta di 24 o 48 ore perche fuori c’e tempesta (cosa che comunque sarebbe saggio fare senza che nessuno debba sentirsi per questo meno”macho”).
    Qui si tratta di chiederci se le barche sono adatte ad ad andare per mare con ogni tempo!
    Quattro dei cinque IMOCA di ultima generazione hanno riportato danni strutturali gravi. Una vera e propria ecatombe. Non ci vuole certo un genio per capire che queste fantastiche imbarcazioni, ad altissima tecnologia, non vanno con tutti i tempi.
    Se fuori soffia brutto, e’ meglio che stiano a casa!
    Gli skipper e gli equipaggi sono fantastici. Se il tempo non e’ proibitivo danno uno spettacolo eccezionale e vincono ma….me soffia forte si rompono.
    Cerchiamo di stabilire delle regole, come e’ stato fatto in altri sport come in F1. Degli standard di sicurezza per cui non sei favorito e vinci solo se il tempo e’ accettabile. Non metti a repentaglio gli equipaggi solo per il fatto che fuori c’è burrasca e la tua barca non regge.
    Non sono solo in gioco i milioni degli sponsor o i costi del soccorso. Stiamo parlando invece della sicurezza degli equipaggi che vanno in mare.
    Ci puo’ essere spettacolo e divertimento anche con barche sicure, sempre che il regolamento non permetta certe esasperazioni che portano alla creazione di macchine sofisticatissima ma che alla prima bufera si sfasciano.

  2. piero says:

    forse mette tristezza, ma è molto reale. basta guardare cosa sta accadendo alla transat… un investimento da parte di uno sponsor per un programma di regate di due anni che si conclude dopo poche ore dalla partenza con la barca distrutta non credo sia molto appetibile, se poi uno vuole dimostrare agli altri e a se stesso di non essere una mammola, può sempre farlo in altre circostanze, ma a che serve? alla luce di quanto accaduto, aspettare qualche giorno avrebbe giovato a tutti skipper compresi, che non si sarebbero trovati nell’imbarazzante situazione d’essere ripescati in oceano come merluzzi.

  3. luca says:

    Sig. Giuffre’ il suo articolo mi ha messo una certa tristezza.

  4. pierluigi ippoliti says:

    Mi sembra un articolo che remai contro questo sport fantastico.
    Io direi allo sponsor “siamo dei duri” partiamo sempre e comunque anche se c’è burrasca, se spacchiamo tutto si parlerà di noi per giorni, se arriviamo si parlerà di noi per ore se vinciamo si parlerà di noi per sempre! e quando dico noi dico Skipper, cantiere costruttore, sponsor e tutto ciò che ci gravita attorno… siete disposti a rischiare che si parli di voi io sono disposto a rischiare la vita!
    ecco cosa direi! non facciamo scappare degli sponsor con questi articoli pessimisti, diciamo a tutti facciamo parlare di noi in ogni modo e sempre!