Naufragio Team Vestas: un'ipotesi plausibile per uno scenario da incubo. FOTO
Proviamo a immaginare le ultime ore di Team Vestas e del suo equipaggio prima di diventare dei naufraghi, dal momento dell'impatto sul reef all'abbandono della barca
Proviamo a immaginare le ultime ore di Team Vestas e del suo equipaggio prima di diventare dei naufraghi, dal momento dell'impatto sul reef all'abbandono della barca

Un’ ipotesi plausibile, uno scenario da incubo
Il nostro racconto parte da Alicante, dalla Race Control Room della Volvo Ocean Race. Sono da poco passate le 15 di un pomeriggio tiepido, Knut Frostad, CEO VOR, e Jack Lloyd, direttore di regata, stanno sorseggiando un caffè. Frostad probabilmente guarda il mare, pensa agli equipaggi impegnati nella risalita dell’Indiano, pensa che tutto sta andando bene, che questa è la VOR che lui ha voluto, con le barche tutte uguali, la VOR dove vincerà veramente l’equipaggio migliore. Alle 15 e 20 il telefono squilla, Lloyd risponde, in linea c’è lo skipper australiano di Team Vestas Wind, Chris Nicholson, la sua voce è concitata e non promette nulla di buono.

Il vento inizia a ruotare in poppa, il sole è quasi scomparso, il timoniere di turno segue la rotazione orzando un paio di gradi per tenere la barca in velocità. Il vento ruota ancora, stessa operazione, la barca plana a 19 nodi, del sole resta solo un bagliore arancione che si sta spegnendo. Il timoniere controlla la bussola, ha già modificato di oltre 10 gradi la rotta rispetto alla consegna, si pone subito il problema di quanto margine abbiano rispetto a quel reef. Avvisa i compagni di turno, “ragazzi facciamo un check sulla rotta, chiedete a Wouter quanto possiamo orzare ancora, non vorrei che quel reef……..”, questa frase non verrà mai completata. Un rumore sordo squarcia la sera, il contraccolpo è violentissimo, gli uomini vengono sbalzati dalle cuccette, la barca avanza ancora qualche metro poi si pianta.
Cambiamo ancora scena, torniamo ad Alicante. “Jack siamo andati a scogli, ci siamo incagliati sul reef, la barca è distrutta”, urla Nicholson al telefono. Lloyd non crede alle sue orecchie “Santo cielo Chris, cosa ci fate li, ci sono feriti a bordo?”. Frostad zooma subito sulla carta al massimo, verifica la posizione di Team Vestas, mentre la comunicazione al telefono è disturbata e molto concitata. Lloyd fa mente locale, la situazione è seria, la zona è difficile per i soccorsi, prova a contattare subito Team Alvimedica che segue poche miglia dietro Vestas.

Team Vestas continua a sbattere sul reef, si apre una via d’acqua. All’improvviso l’elettronica cede, tutti gli strumenti si spengono in un crepitio. Nicholson corre a prendere la grab bag, la sacca con la strumentazione d’emergenza dove c’è un altro telefono. Ordina ai ragazzi di mettere in acqua le zattere di salvataggio, bisogna essere pronti ad abbandonare la barca se la situazione precipita, ma spera di farlo non prima dell’alba. La notte è nera, a bordo Nicholson fa quello che deve fare uno skipper con la sua esperienza: tiene impegnati i suoi uomini, ripassano le procedure per l’abbandono del mezzo, coordina, rassicura, parla con Oxley per fare il punto della situazione, non si lascia prendere dalla disperazione, ha il dovere di portare a terra sani e salvi tutti i suoi uomini.

Mauro Giuffrè
Argomenti: ocean-race, vela

sembra che gli scogli abbiano una misteriosa attrattiva per le barche, io navigo da 50 anni e sono stato fortunato, molto fortunato, altri meno per cui non bisogna mai abbassare la guardia perchè il pericolo aumenta con l’aumentare della esperienza
Per fortuna e per l’ottima organizzazione tutto è finito bene! Ma si è trattato di un grave errore di rotta l’andare a finire contro un reef. Non hanno urtato uno scoglio isolato o una piccola secca. Con tutte le strumentazioni in dotazione errori simili non dovrebbero verificarsi. Sbaglio?
Mi sembra molto strano che con tutta quel l’elettronica a bordo , ed il costante collegamento satellitare , si possa finire su una barriera corallina …..qualche allarme GPS di fuori rotta non sarebbe male !
Superficialità , stanchezza , sopravvalutazione delle proprie capacità , e il non tenere conto che queste barche divorano miglia ad un ritmo vertiginoso ….
Tutte concause , ma un occhio in più , o un po’ più spesso , alla carta nautica , non sarebbe male .
Buon vento e buone feste !
In effetti quando un solo grado fuori rotta in un percorso di 60 miglia ti porta a un miglio dal tuo waypoint si fa presto a calcolare quanto influiscono 10° magari pure su venti miglia (poco più di un oretta a 19 nodi) sono in ogni caso poco più di tre miglia…..non credo che la strumentazione sia la con causa, secondo me trattasi di errore di forma magari il navigator aveva calcolato di passare a un miglio dal reef ma il punto non è quello e sottolineo che le consegne vanno rispettate, so quanto sia DIFFICILE TIMONARE con mare che ti fa planare tenere la rotta in un range di 5 gradi, a dieci nodi figuriamoci a 19!!
Buon vento!