03 dicembre 2014

Naufragio Team Vestas: un'ipotesi plausibile per uno scenario da incubo. FOTO

03 dicembre 2014

Proviamo a immaginare le ultime ore di Team Vestas e del suo equipaggio prima di diventare dei naufraghi, dal momento dell'impatto sul reef all'abbandono della barca

Proviamo a immaginare le ultime ore di Team Vestas e del suo equipaggio prima di diventare dei naufraghi, dal momento dell'impatto sul reef all'abbandono della barca

5 minuti di lettura

Presto sapremo cosa è realmente successo a Team Vestas Wind nella notte di sabato 29 novembre, Volvo Ocean Race ha infatti annunciato che verrà divulgato un comunicato ufficiale con una versione dei fatti. Nel frattempo però, mentre l’equipaggio ha trascorso 48 ore da Cast Away a St. Brandon con tanto di pacchi di sopravvivenza lanciati da un aereo, proviamo a immaginare le ultime ore di Team Vestas e del suo equipaggio, dal momento dell’impatto sul reef all’abbandono della barca.

 

Un’ ipotesi plausibile, uno scenario da incubo

Il nostro racconto parte da Alicante, dalla Race Control Room della Volvo Ocean Race. Sono da poco passate le 15 di un pomeriggio tiepido, Knut Frostad, CEO VOR, e Jack Lloyd, direttore di regata, stanno sorseggiando un caffè. Frostad probabilmente guarda il mare, pensa agli equipaggi impegnati nella risalita dell’Indiano, pensa che tutto sta andando bene, che questa è la VOR che lui ha voluto, con le barche tutte uguali, la VOR dove vincerà veramente l’equipaggio migliore. Alle 15 e 20 il telefono squilla, Lloyd risponde, in linea c’è lo skipper australiano di Team Vestas Wind, Chris Nicholson, la sua voce è concitata e non promette nulla di buono.

 

Cambiamo scena. Oceano Indiano, 215 miglia a NE di Mauritius, siamo a bordo del VO65 Vestas e il sole sta tramontando. La barca fila veloce a 18-19 nodi spinta dal residuo della depressione tropicale, tutto a bordo va bene, gli uomini stanno per cambiare il turno di guardia. Soliti passaggi di consegne: il vecchio turno da ai compagni che stanno per montare la guardia tutte le indicazioni: gradi bussola da tenere, situazione del vento e dell’onda, settaggio delle vele, un cambio di guardia come tanti. Il navigatore olandese Wouter Verbraak scende di sotto per riposare un po’: prima controlla la posizione degli avversari e verifica la rotta, Vestas sta approcciando una zona dove il fondale risale, la traiettoria tenuta va a lambire un reef ma tutto è ok, il passaggio non dovrebbe essere problematico. Comunica ai ragazzi fuori che lui resta in stand-by, che possono svegliarlo per qualsiasi necessità o dubbio. Chris Nicholson, dopo molte ore di veglia nella fase di uscita dalla depressione fa lo stesso, si concede qualche ora di tregua.

 

Il vento inizia a ruotare in poppa, il sole è quasi scomparso, il timoniere di turno segue la rotazione orzando un paio di gradi per tenere la barca in velocità. Il vento ruota ancora, stessa operazione, la barca plana a 19 nodi, del sole resta solo un bagliore arancione che si sta spegnendo. Il timoniere controlla la bussola, ha già modificato di oltre 10 gradi la rotta rispetto alla consegna, si pone subito il problema di quanto margine abbiano rispetto a quel reef. Avvisa i compagni di turno, “ragazzi facciamo un check sulla rotta, chiedete a Wouter quanto possiamo orzare ancora, non vorrei che quel reef……..”, questa frase non verrà mai completata. Un rumore sordo squarcia la sera, il contraccolpo è violentissimo, gli uomini vengono sbalzati dalle cuccette, la barca avanza ancora qualche metro poi si pianta.

 

Cambiamo ancora scena, torniamo ad Alicante. “Jack siamo andati a scogli, ci siamo incagliati sul reef, la barca è distrutta”, urla Nicholson al telefono. Lloyd non crede alle sue orecchie “Santo cielo Chris, cosa ci fate li, ci sono feriti a bordo?”. Frostad zooma subito sulla carta al massimo, verifica la posizione di Team Vestas, mentre la comunicazione al telefono è disturbata e molto concitata. Lloyd fa mente locale, la situazione è seria, la zona è difficile per i soccorsi, prova a contattare subito Team Alvimedica che segue poche miglia dietro Vestas.

 

A bordo della barca nero-arancio squilla il satellitare. Will Oxley, il navigatore, è di guardia. Risponde al telefono, apprende l’accaduto, inforca i suoi occhialini e si mette al carteggio per verificare la posizione di Vestas. Nicholson è un suo amico, hanno fatto insieme l’ultima Volvo con Camper Emirates Team New Zealand, bisogna aiutare quei ragazzi. L’equipaggio di Alvimedica cambia subito rotta si dirige verso il luogo dell’incidente. Oxley chiama a intervalli regolari la barca, per fare sentire la loro presenza, per fare capire agli uomini di Vestas che non sono soli. Nel frattempo a bordo è un inferno.

 

Team Vestas continua a sbattere sul reef, si apre una via d’acqua. All’improvviso l’elettronica cede, tutti gli strumenti si spengono in un crepitio. Nicholson corre a prendere la grab bag, la sacca con la strumentazione d’emergenza dove c’è un altro telefono. Ordina ai ragazzi di mettere in acqua le zattere di salvataggio, bisogna essere pronti ad abbandonare la barca se la situazione precipita, ma spera di farlo non prima dell’alba. La notte è nera, a bordo Nicholson fa quello che deve fare uno skipper con la sua esperienza: tiene impegnati i suoi uomini, ripassano le procedure per l’abbandono del mezzo, coordina, rassicura, parla con Oxley per fare il punto della situazione, non si lascia prendere dalla disperazione, ha il dovere di portare a terra sani e salvi tutti i suoi uomini.

 

Quando manca poco all’alba, un rumore sinistro, come un urlo di dolore, da l’allarme definitivo. Il bulbo di Team Vestas si è staccato, la barca si inclina pericolosamente su un fianco, la coperta inizia a piegarsi. E’ il punto di non ritorno, gli uomini di Team Vestas entrano in acqua con l’attrezzatura di sopravvivenza, camminano sul reef in un metro d’acqua fino a raggiungere le zattere, Nicholson avvisa il race control e l’equipaggio di Alvimedica, hanno abbandonato la barca e stanno salendo sulle zattere. Alvimedica è vicina ma non può avvicinarsi di più, contemporaneamente Oxley parla con gli uomini della locale Guardia Costiera, che alla prima luce entreranno in azione. Il sole sorge, ai margini del reef le zattere di Vestas vengono sballottate dalle onde ma tengono. Alvimedica da alla Guardia Costiera l’esatta posizione dei naufraghi, che nel frattempo ha individuato visivamente. Pochi minuti dopo gli uomini di Team Vestas Wind vengono tratti in salvo. E’ la fine della notte più lunga e nera della loro carriera.

 

Mauro Giuffrè

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4 commenti

  1. ron hall says:

    In effetti quando un solo grado fuori rotta in un percorso di 60 miglia ti porta a un miglio dal tuo waypoint si fa presto a calcolare quanto influiscono 10° magari pure su venti miglia (poco più di un oretta a 19 nodi) sono in ogni caso poco più di tre miglia…..non credo che la strumentazione sia la con causa, secondo me trattasi di errore di forma magari il navigator aveva calcolato di passare a un miglio dal reef ma il punto non è quello e sottolineo che le consegne vanno rispettate, so quanto sia DIFFICILE TIMONARE con mare che ti fa planare tenere la rotta in un range di 5 gradi, a dieci nodi figuriamoci a 19!!
    Buon vento!

  2. Gianni says:

    Mi sembra molto strano che con tutta quel l’elettronica a bordo , ed il costante collegamento satellitare , si possa finire su una barriera corallina …..qualche allarme GPS di fuori rotta non sarebbe male !
    Superficialità , stanchezza , sopravvalutazione delle proprie capacità , e il non tenere conto che queste barche divorano miglia ad un ritmo vertiginoso ….
    Tutte concause , ma un occhio in più , o un po’ più spesso , alla carta nautica , non sarebbe male .
    Buon vento e buone feste !

  3. gianni risso says:

    Per fortuna e per l’ottima organizzazione tutto è finito bene! Ma si è trattato di un grave errore di rotta l’andare a finire contro un reef. Non hanno urtato uno scoglio isolato o una piccola secca. Con tutte le strumentazioni in dotazione errori simili non dovrebbero verificarsi. Sbaglio?

  4. umberto says:

    sembra che gli scogli abbiano una misteriosa attrattiva per le barche, io navigo da 50 anni e sono stato fortunato, molto fortunato, altri meno per cui non bisogna mai abbassare la guardia perchè il pericolo aumenta con l’aumentare della esperienza