29 marzo 2018

L’ultimo record e la vita (dura) a bordo – Intervista allo skipper Giovanni Soldini

29 marzo 2018

Giovanni Soldini racconta com'è la vita a bordo di una barca a vela durante le lunghe traversate oceaniche

L’ultimo record e la vita (dura) a bordo – Intervista allo skipper Giovanni Soldini

Giovanni Soldini racconta com'è la vita a bordo di una barca a vela durante le lunghe traversate oceaniche

3 minuti di lettura

Come tutte le grandi imprese dello skipper Giovanni Soldini, anche l’ultimo record Hong Kong-Londra sulla Rotta del Tè è frutto di un’insieme di fattori ben amalgamati tra loro, che hanno condotto il trimarano Maserati Multi 70 e il suo team al successo finale. Professionalità e coraggio dell’equipaggio nel dominare la forza degli elementi naturali si uniscono ad un forte spirito di squadra e ad una minuziosa messa a punto dello scafo, che passa anche attraverso le prestazioni delle componenti tecniche di bordo.

L’equipaggio del Maserati Multi 70, composto dallo stesso Soldini e da Guido Broggi, Sébastien Audigane, Oliver Herrera Perez e Alex Pella, ha impiegato 36 giorni, 2 ore, 37 minuti e 2 secondi per coprire la rotta tra il porto cinese e la capitale del Regno Unito, migliorando di 5 giorni e 19 ore il precedente primato.

Ma prima di una traversata così impegnativa, durante la quale è facile che si verifichino imprevisti, in fase di messa a punto della barca risulta necessario anticipare e risolvere anche quei problemi tecnici che potrebbero riguardare la componentistica installata a bordo.

Abbiamo chiesto a Soldini di spiegarci gli aspetti meno conosciuti al grande pubblico, ovvero i problemi pratici relativi alla gestione delle attività vitali per l’equipaggio e come si vive a bordo durante una traversata “non-stop” così lunga e pericolosa.

LN – Sul trimarano Maserati Multi 70 si beve e si cucina con acqua dolce prodotta da un dissalatore Schenker installato a bordo. Giovanni, come si cucina? Come si alimenta l’equipaggio? E come viene utilizzato il dissalatore?

GS – Nelle lunghe traversate il dissalatore è fondamentale, in quanto unica fonte di acqua sanitaria e potabile. Inoltre, l’acqua del dissalatore è utilizzata per cucinare, attività essenziale non solo per il sostentamento dell’equipaggio ma anche per stemperare la tensione, creando momenti di convivialità e di relativo relax.

LN – Quali sono le problematiche connesse al navigare spesso in condizioni meteo-marine estreme?

GS – Il dissalatore è sottoposto a condizioni di esercizio particolarmente gravose, in quanto in alcuni tratti si naviga a 30-35 nodi e, per effetto della velocità dello scafo che “vola” sul mare, in acqua si crea della turbolenza. Alla presa a mare collegata al dissalatore arriva quindi acqua nebulizzata, ossia acqua con una notevole percentuale d’aria al suo interno. Proprio questo effetto sottopone il dissalatore ad uno stress aggiuntivo. In navigazione produciamo acqua dolce per mezz’ora al giorno, stivandola in una tanca da 25 litri.

LN – Per quanto riguarda l’alimentazione, esiste un programma preciso?

GS – Non ci sono orari prestabiliti. Quando subentra la fame si decide di mangiare. Solitamente si cucina utilizzando l’acqua dissalata e la pentola a pressione, per ridurre il tempo di cottura dei cibi e la quantità d’acqua impiegata. Se possibile si mangia tutti insieme, fatta eccezione ovviamente per il timoniere, a cui diamo il cambio.

LN – Come si combattono sonno e freddo? E per quanto tempo si dorme?

GS – A bordo lo stress logora il fisico e la mente, specialmente quando si percorrono lunghi tratti di oceano in condizioni meteo-marine avverse. Per riposare si dorme a turno. Ogni 3 ore di navigazione ognuno di noi riposa per un’ora e mezza. Per quanto riguarda il freddo, invece, la qualità dell’abbigliamento tecnico è di fondamentale importanza, anche se cerate e sottocerate non sono sufficienti in frangenti così estremi come quelli incontrati nel Canale della Manica. A causa dei venti freddi provenienti da est si formava del ghiaccio sulle vele e, quando queste ultime sbattevano, si staccavano “lame” di ghiaccio che ci colpivano in pieno volto.

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