05 febbraio 2019

Avventure subacquee nel Mare delle Andamane

05 febbraio 2019

In queste acque sono presenti alcuni rinomati punti di immersione, come i parchi marini delle isole Similan e Surin e la famosissima Richelieu Rock, considerata una tra le dieci migliori immersioni al mondo

Avventure subacquee nel Mare delle Andamane

In queste acque sono presenti alcuni rinomati punti di immersione, come i parchi marini delle isole Similan e Surin e la famosissima Richelieu Rock, considerata una tra le dieci migliori immersioni al mondo

8 minuti di lettura

È il 30 dicembre e mi trovo in un classico paradiso tropicale: alte palme circondano le lunghe spiagge di sabbia dorata che si alternano a quelle di sabbia bianchissima. Circa 33 i gradi ma mitigati da una costante brezza marina che consente di stare al sole in qualsiasi ora della giornata senza soffrire minimamente il caldo.

Il luogo in cui mi trovo è stato l’epicentro di uno dei più terribili drammi umani mai accaduti nella storia: sono infatti a Khao Lak, località sul Mare delle Andamane colpita in pieno dallo tsunami del dicembre 2004. Il pensiero di fare una vacanza in questi posti mi ha creato notevoli dubbi, fino a maturare la consapevolezza che portare denaro con il turismo poteva essere la scelta migliore per la popolazione locale. In effetti, la vita ha ripreso a girare a pieno ritmo ed è tutto nuovo: molti grandi alberghi e tantissime attività gestite con grande impegno dai thailandesi fanno dimenticare quella tragedia così recente.

Ovviamente la mia scelta è dipesa anche dalla presenza in queste acque di alcuni rinomati punti di immersione: i parchi marini delle isole Similan e Surin e la famosissima Richelieu Rock (che fa parte del parco delle Surin), scoperta da Jacques-Yves Cousteau e considerata una tra le dieci migliori immersioni al mondo. In realtà, è da un paio d’anni che cerco di organizzare questo viaggio, consigliatomi da un grandissimo fotografo subacqueo thailandese conosciuto alle Fiji, Nu Parnupong, che saluto con affetto.

I numerosissimi diving center di Khao Lak organizzano liveaboard di più giornate per le immersioni nei parchi o semplici full day con due immersioni. Quanto ci vuole però per raggiungere Richelieu Rock? “Circa tre ore”, mi rispondono. Rimango perplesso ma comunque le barche sono tutte piene.

Trovo poi il negozio di Michael “Micha” Reinhardt, un tedesco che vive qui da molti anni e si è creato una famiglia ed un ottimo diving, il “Wetzone Divers“. Micha mi dice un’ora e un quarto, dipende anche dal mare. “Ho un posto per domani. Vuoi venire?”, mi chiede. “Sono qui apposta”, rispondo con un sorriso, chiedendomi se abbia fatto l’italiano per propormi dei tempi di navigazione così brevi. Il giorno di San Silvestro salgo così su una splendida barca progettata appositamente per i subacquei e mossa da tre potenti motori fuoribordo da 250 cavalli, il Blue Marlin, che in poco più di un’ora ci porterà a destinazione volando sull’acqua.

Richelieu Rock è un pinnacolo sottomarino che da circa 30 metri di profondità arriva quasi alla superficie. È famosa per il corallo molle e per l’enorme presenza di pesci, tra cui incredibili banchi di carangidi, barracuda, squali balena e mante. Ci sono due possibili origini per il suo nome. La prima si basa sull’idea che il porpora dei coralli molli abbia ricordato al grande Cousteau le vesti del cardinale Richelieu, la seconda che, più semplicemente, prenda il nome da un comandante della Marina Thailandese.

Purtroppo la giornata non sarà fortunata per me: siamo nella settimana clou dell’alta stagione (come se fossimo in Italia a Ferragosto) e sul sito troviamo ben dieci barche. Sott’acqua sembra di essere in metropolitana nell’ora di punta e il pesce è chiaramente infastidito da una così elevata presenza umana. A peggiorare il mio umore ci si è messa anche la macchina fotografica, che ha deciso di morire prima dell’immersione per un guasto irrimediabile al software. Per questo motivo, ringrazio Michael e la dolce Madita, la mia guida in immersione, per le fotografie subacquee che mi hanno regalato. Immersione quindi bella ma non al livello delle aspettative.

Dopo aver festeggiato Capodanno, torno da Reinhardt per organizzare la prossima uscita: andremo alle Similan, in un’isola chiamata Koh Tachai. “Traffico?”, domando. “No no, prometto”, mi risponde. Ok. Il 3 gennaio partiamo verso le famose isole Similan, sempre volando sulle onde con il Blue Marlin. Durante il tragitto, però, il capitano si ferma ad osservare il mare. Onde di due/tre metri si intravedono all’orizzonte e si decide quindi di cambiare meta: si va a Koh Bon, sempre nel parco marino. Che non sia destino questo viaggio?

All’arrivo comprendo la scelta. Con solo un’altra imbarcazione a farci compagnia, siamo ancorati in una baia riparatissima fatta ad arco che ci offre calma piatta mentre, al di fuori di essa, si intravede il mare montare. Ci dividiamo in piccoli gruppi e ho la fortuna di scendere con due giapponesi esperti: abbiamo tutti e tre circa 600 immersioni alle spalle e la guida è veramente felice di non doverci trattare come bambini. Non pensa però al rovescio della medaglia: in realtà, siamo esattamente come tre bambini in un negozio di giocattoli e di ubbidirgli non se ne parla proprio.

Scendiamo per ultimi e facciamo un giro diverso dagli altri gruppi. La guida ci porta per prima cosa a vedere delle piccole grotte a bassa profondità. Come mio solito mi infilo nella prima, superando i miei compagni che si affacciano solo all’ingresso, e sorpresa! Davanti a me trovo fermo uno squalo pinna bianca adulto di ottime dimensioni. Mi giro ad avvisare gli altri, poi tutti e quattro entriamo nella grotta. È sparito! Ma porca miseria, mi prenderanno per matto. Giro lo sguardo e lo trovo tranquillo alla mia sinistra, a mezzo metro di distanza, fermo sul fondo. Lo saluto, poi riprendo la mia immersione (che sarà magnifica!) nella baia di Koh Bon, dove su una parte dei coralli sono ancora visibili i danni provocati dal passaggio del terribile tsunami.

Durante il pranzo in barca, chiacchiero con la mia guida. È uno spagnolo di Gran Canaria che d’estate lavora al “Punta Amanay Diving Center” di Corralejo, sull’isola di Fuerteventura, il mio diving preferito alle Isole Canarie. Il mondo, soprattutto quello della subacquea, è davvero piccolo. Mi racconta che Koh Bon è il sito preferito della principessa thailandese, appassionata sub: quando viene a fare immersioni qui, la Marina Thailandese chiude per sicurezza l’accesso all’isola ai visitatori. Meno male che oggi ha deciso di rimanere a casa!

Per la seconda immersione scendiamo per primi, passando sott’acqua il promontorio e avventurandoci in un mondo da favola. I fondali sono bellissimi, molto ricchi di corallo duro, corallo molle e spugne e su questo lato assolutamente intatti ma è il quantitativo di pesce presente ad essere davvero impressionante. Citarne le diverse specie non può rendere l’emozione vissuta sott’acqua, perché le parole non possono descrivere la bellezza dell’esperienza che ho la fortuna di condividere con i miei compagni. Barracuda, cernie, pesci angelo, pesci trombetta, jackfish, banchi impressionanti di glassfish cacciati da pesci di mille specie diverse, murene, gamberi, banchi fittissimi di grugnitori e molti altri ancora.

La cosa che stupisce è che non appaiono mai spaventati dalla tua presenza e anzi ne sono incuriositi, tanto da avvicinarsi a te come per osservarti meglio. Improvvisamente dal blu arriva una manta che, con la consueta garbata eleganza, passa e ritorna virando verso le profondità marine. Guardo i miei compagni, che sembrano felici ed eccitati come me. Ed ecco che mentre stiamo ritornando verso la baia e la barca, arriva un grosso banco di pesci della famiglia Scombridae (quella dei tonni, degli sgombri e dei bonitos) che ci si affianca e nuota lentamente insieme a noi.

Sono simili agli Albacore, circa 200 esemplari intorno ai 50 cm di lunghezza, blu argento con due strisce azzurre ai fianchi. Bellissimi! Accelero ed entro in mezzo a loro: iniziano a ruotarmi intorno, avvolgendomi da ogni lato. Una cosa magnifica. Nemmeno la guida conosce la specie esatta, pur avendoli già visti in altre immersioni. Una volta a casa cercherò di identificarli, con una probabile attribuzione alla specie chiamata Grammatorcinus Bilineatus, caratteristica dell’Indo-Pacifico.

L’esperienza continua finché la guida non interviene imponendoci il ritorno verso l’imbarcazione, anche se abbiamo l’impressione che una volta tanto sia proprio lui a scarseggiare d’aria, visto che ha smesso da un pezzo di chiederci il consumo: verrà punito poco dopo da un gigantesco pesce balestra titano che, disturbato durante il pranzo, tenterà di morderlo!

Il ritorno verso la costa della Thailandia è ballerino, con onde che raggiungono i tre metri di altezza e che preannunciano l’arrivo della tempesta tropicale Pabuk, un piccolo ciclone completamente fuori stagione che porterà solo pioggia e un po’ di vento ma che costringerà le barche a rimanere in porto nei giorni seguenti per una disposizione governativa di sicurezza. Vacanze subacquee dunque finite ma che lasciano un bellissimo ricordo per la gentilezza delle persone, il cibo, i paesaggi, il mare e anche i bravi ragazzi del Wetzone. Così come il desiderio di tornare, magari per una crociera subacquea tra le magnifiche isole di questi arcipelaghi del Mare delle Andamane.

Paolo Ponga

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